lunedì 8 febbraio 2016

I dati socio-demografici mostrano la dura realtà italiana

Dove sta andando il nostro Paese? E' ben riposto l'ottimismo del premier Renzi? E lo scetticismo e la rabbia hanno senso oppure sono eccessive o magari indirizzate verso obiettivi errati?
Le considerazioni di seguito riportate sono suffragate da dati e link ad articoli (principalmente da Il Sole24Ore) e afferiscono precipuamente a indicatori socio-demografici. 
In queste settimane sono uscite alcune indagini che mostrano come nel 2015 in Italia siano decedute oltre 68.000 persone in più rispetto l'anno precedente. I ricercatori dell’Università di Milano Bicocca parlano di  un collasso demografico sempre più allarmante che si deve a 4 motivi:
- crollo della natalità
- aumento della mortalità
- drastico calo dell’immigrazione
- fuga all’estero dei giovani più qualificati
Innanzitutto c’è il crollo delle nascite, che già nel 2014 ci aveva fatto toccare il record negativo della peggior natalità dal 1861, anno dell’Unità d’Italia, anche se purtroppo è risaputo che il nostro Paese non ama i bambiniPoi c’è un ancora poco chiaro aumento dei decessi, sebbene l'ISTAT si sia affrettata a chiarire che è presto per affermare che sia così.Il nostro Paese non riesce più ad attrarre l’immigrazione, nemmeno quella poco qualificata, che pure aveva dato una mano al Paese sia sul fronte natalità che su quello lavoro (e quindi della tenuta del sistema previdenziale).Al contrario, l’Italia assiste impotente a una continua fuga all’estero di giovani qualificati. Nel 2014 vi sono stati oltre 100mila italiani emigrati oltreconfine, come risulta dai dati dell’Aire, l’Anagrafe italiana dei residenti all’estero.Tra i quattro nodi forse il peggiore è proprio quello della fuga di cervelli
Il demografo Gian Carlo Blangiardo, docente all’Università di Milano Bicocca ha calcolato che in media il compimento del percorso scolastico di uno studente italiano costa alle casse pubbliche (cioè a noi tutti) circa 100mila euro. Bene: questo studente, una volta laureato, non trovando soddisfazioni professionali in Italia se ne scappa in Germania, Gran Bretagna o Stati Uniti, e con le sue competenze crea valore in quelle economie (versando in quegli Stati esteri i suoi contributi previdenziali). Ecco che i 100mila euro italiani serviti a formare quel professionista italiano che non trova lavoro nel nostro Paese volano oltreconfine. Forse per sempre.Un capitolo a parte, inquietante, riguarda l’aumento dei decessi. «Obbedendo a logiche inattese e tuttora da approfondire, i decessi hanno subito una brusca impennata, tale da accreditare l’ipotesi di un altro record: quello della più alta crescita del numero di morti in un anno non perturbato da eventi bellici», spiegano i demografi dell'Università Bicocca. Dai bilanci demografici mensili forniti dall’Istat si rileva infatti come il totale dei morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 sia aumentato di 45mila unità rispetto agli stessi primi otto mesi del 2014. «La cosa non è affatto marginale se si pensa che ciò corrisponde a un aumento dell’11,3% e che, se confermato su base annua, porterebbe a 666mila morti nel 2015 contro i 598mila dello scorso anno», sottolinea il demografo. Che aggiunge: «per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918».
Se confermato, quello del 2015 sarebbe un triste primato in tempo di pace. Tali dati andrebbero sviscerati senza ricorrere alle solite categorie che siamo abituati a leggere sui social network, che non aiutano a identificare le cause e le possibili soluzioni, ma provando a comprendere, con l'aiuto della demografia, com'è possibile sia potuto accadere ciò e cosa si può fare per invertire una tendenza che, vista la situazione italiana, potrebbe protrarsi ancora a lungo, visti anche gli ultimi dati e le notizie di questi giorni.
Inoltre, nella situazione in cui ci troviamo, c'è il rischio di essere condannati a non invecchiare. O meglio a non diventare adulti. Una minaccia che, come hanno rammentato di recente Ezio Mauro (su La Repubblica) e Gustavo Zagrebelsky (in un saggio pubblicato da Einaudi), incombe sugli italiani. I due pensatori affermano che siamo abitanti di un Paese che non c'è. In un tempo che non c'è. Per questo dovremmo fare appello alla demografia. Leggerne le indicazioni e gli ammonimenti. Ma per non estinguerci, per non finire ai margini, dovremmo davvero chiudere le frontiere. Verso Nord. Per impedire ai nostri giovani di andarsene altrove. E di lasciarci "a casa nostra". Sempre più vecchi. Sempre più soli. Sempre più incazzati. Con gli altri. Ma, in realtà: con noi stessi.

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