venerdì 31 marzo 2017

"Le parole incitano, gli esempi trascinano": serve maggiore attenzione verso chi s'impegna per il prossimo

Il volontariato è un lavoro non retribuito e non obbligatorio; 
ossia tempo donato da individui 
in assenza di retribuzione per svolgere attività
tramite un’organizzazione o direttamente per altri, 
al di fuori della propria famiglia

Una delle pochissime certezze che ho raggiunto nel mestiere di genitore è relativa all'importanza della coerenza. Mi riferisco soprattutto alla coerenza tra i nostri comportamenti e ciò che chiediamo ai nostri figli. Ovvero l'esempio che diamo loro, che è qualcosa di molto più concreto delle parole. Penso a un genitore fumatore che vieta al figlio adolescente di fumare, a un genitore che cede alla tentazione dello schiaffo che rimprovererà il figlio perchè ha colpito il fratellino, un genitore che mangia con lo smartphone in mano e rimprovera i figli perchè vogliono vedere, mentre mangiano, i giochi sul tablet o i cartoni animati. E poco importa se a noi le informazioni che leggiamo sul cellulare sembrano più importanti dei videogiochi, perchè dal punto di vista di un bambino non c'è differenza, sono rispettivamente il programma preferito del papà e suo.
Ma coerenza è anche il comportamento che tengono gli adulti tra loro e, soprattutto, coloro che ricoprono ruoli di responsabilità verso i cittadini.
Purtroppo, vediamo che spesso c’è incoerenza – anche da parte del sottoscritto - tra parole (buoni propositi, proposte, norme) e azioni. Questo si nota ancora di più quando l'incoerenza è presente in chi ha il compito di rappresentarci.
Al contempo possiamo vedere come le buone prassi e i buoni esempi non siano sufficientemente valorizzati. In quest’epoca sembrano svanite le persone di buon senso, volenterose, che si prendono cura degli altri e, più in generale, della propria comunità. Invece questi cittadini ci sono e sono parecchi. Li troviamo sia aggregati in associazioni, sia attivi come singoli. Ma ciò non sembra interessare i mass media e poco anche le istituzioni. I giornalisti sanno che sono gli eventi negativi ‘a vendere’ e interessare di più (anche per la morbosità che scatenano), le istituzioni, fors'anche perchè assorbite da altri problemi, si limitano alle commemorazioni, ai ricordi (che, per carità, sono importantissimi), alla consultazione delle associazioni che operano sul territorio, ma spesso difettano nella loro valorizzazione, né premiano le buone pratiche e coloro che le mettono in atto. Sovente si da’ per scontato che chi si prende cura del suo prossimo non abbia bisogno d’essere gratificato. E non parlo dal punto di vista economico ma dal punto di vista morale, umano.
Servono, invece, momenti in cui i volontari abbiano visibilità: una festa loro dedicata, un premio o altri eventi - sia mediatici che aggregativi - che consentano ai volontari d'essere gratificati e, soprattutto, di renderli visibili alla cittadinanza. Anche nel nostro piccolo, penso alla comunità sassese in cui risiedo, si potrebbero mettere in atto azioni per promuovere maggiormente da parte dell'istituzione locale il valore aggiunto dei volontari. E' altresì vero che i volontari, in particolare la Pubblica Assistenza, creano significativi momenti di visibilità e attenzione: la Festa della Pubblica a luglio, incontri e iniziative presso la loro sede, corsi di primo soccorso, ecc. 
Servono, però, iniziative che partano direttamente dalle istituzioni, ad esempio in occasione del 2 giugno - festa della Repubblica - si potrebbe affiancare una festa del volontariato in cui le associazioni sfilano in piazza, hanno modo di presentarsi, condividere le loro esperienze. 
Si potrebbe istituire un premio dedicato ai volontari, che non sempre agiscono in modo associato ma anche come singoli, per dare loro un momento di gratificazione - qui ed ora - e non quando non sono più attivi o addirittura non sono più tra noi. 
È di questo che abbiamo bisogno tutti noi, in particolare i più giovani, e soprattutto oggi: buoni esempi. Retorica? Lo pensi pure chi vuole, tanto la realtà non cambia. I risultati dei cattivi esempi, dei cattivi maestri, della cattiva politica e della cattiva informazione sono sotto gli occhi di tutti. È un’urgenza assillante che va tradotta in termini di «sfida educativa». Una sfida da prendere finalmente sul serio. Abbiamo proprio bisogno di buoni esempi, anche quelli che - come il sottoscritto - non hanno possibilità (almeno in questo momento della vita) di essere volontari ma desiderano che i propri figli e nipoti conoscano e tocchino con mano storie di fedeltà a un’idea chiara e giusta della vita e della famiglia. 
Abbiamo bisogno di testimoni di un consapevole e alto senso del lavoro e della contribuzione al bene comune, che è fatta di impegno, di pulizia, di onestà e di equità in ogni ambito civile e politico, compreso quello fiscale.
Dobbiamo smentire (sia come singoli individui, sia all'interno delle istituzioni laiche e religiose) coloro che pretendono di affermare che tutti gli approdi sono eguali e che non ci sono più valori-guida ma un’indistinta infinità di opzioni possibili. No, non è tutto relativo.

martedì 28 marzo 2017

Senso delle istituzioni e nervi saldi per gestire al meglio il tema della sicurezza

Quando piccole comunità - come ad esempio è Sasso Marconi - sono scosse da furti, rapine, scippi, anche chi normalmente è sempre stato equilibrato improvvisamente sarebbe disposto a imbracciare un fucile e andarsi a fare giustizia da solo. 
E' comprensibile che chi venga colpito da vicino e in maniera violenta da una perdita (non pensiamo solo agli omicidi, ma anche al furto di oggetti a noi cari, indipendentemente dal valore economico che essi hanno) reagisca in preda alla rabbia e alla disperazione. È comprensibile che diventi difficile fare appello alla lucidità e cedere il passo alla speranza che la giustizia possa fare il suo corso nel migliore dei modi. Ma il problema, infatti, non sono le persone immediatamente più prossime al dolore, quelle toccate più da vicino da un fatto di cronaca nera. 
Il problema, spesso, sono tutti gli altri. Il problema sono quelli che alimentano il livore, che stizziscono, che diffondo frasi cariche di odio, che partono spediti in una caccia al mostro di cui conoscono appena qualcosa ma solo per sentito dire. Il problema sono quelli che scrivono senza avere la certezza di ciò che stanno affermando, e senza avere la consapevolezza di quanto quel dato incerto, impreciso, verrà preso da altri per certo e diventerà notizia.
Il problema è l'assenza di buon senso che si sta propagando come un vuoto incolmabile e che dovrebbe indurre proprio chi è meno attinto dal dolore a diffondere prudenza, fiducia nell'operato delle Istituzioni, della giustizia. A far capire a chi è vinto dalla disperazione che, purtroppo, gli inquirenti hanno più di un codice da rispettare e le cui norme, talvolta, possono apparire anche discutibili, ma imprescindibili. Quando la gente urla che ormai i nomi sono noti ma che le forze dell'ordine stanno facendo tutt'altro anziché andarseli a prendere è perché non sa quel che dice, non conosce le procedure, e mostra una preoccupante ignoranza che può partorire pericolosissime reazioni in chi, per frustrazione o un esasperato livello di passione con cui sta vivendo quella data esperienza, decide di procedere in autonomia e dare all'assassino la lezione che merita. Se talvolta gli inquirenti hanno difficoltà a chiudere il cerchio è perché le informazioni e le testimonianze in loro possesso risultano piuttosto contrastanti. Spesso accade che quelli che in un post su Facebook scrivono dichiarazioni che sembrano gravi, precise e concordanti, sentiti a verbale ne modificando completamente il tenore. Eppure là fuori sembra che tutti sappiano tutto, tutti ne siano assolutamente certi. 
In definitiva, le considerazioni che desidererei condividere in questo momento sono due. La prima è che se siamo vicini, o anche lontani, a chi è stato direttamente colpito da un evento criminoso è nostro dovere tentare di fargli mantenere la calma, perché lui da solo non potrebbe. Perché se, invece, alimentiamo la sua rabbia e lo induciamo a imbracciare un fucile e farsi giustizia, noi ne sarete direttamente responsabili. Andremo così ad aggiungere solo uno smisurato dolore al dolore, e non saremo molto diversi da criminali contro cui ci siamo scagliati.
La seconda è che Facebook, strumento eccellente da un punto di vista ludico, non può sostituirsi agli atti giudiziari e che la verità può essere perseguita solo attraverso le giuste modalità e negli ambienti preposti. Spegnete 'sto computer e andate a dire a chi di dovere tutto e solo quel che sapete. È questo l'unico modo per trovare giustizia.