venerdì 23 settembre 2016

Elogio alle crescentine di Sasso Marconi (e alcune considerazioni sulla valorizzazione dei prodotti tipici)

Cesto di crescentine prodotte da una zdaura di Sasso Marconi
Quanto penso al comune in cui vivo la prima cosa è: Qualità di vita (e anche costo della vita). Subito dopo: le crescentine. Perchè, sebbene molti non se ne rendano conto, il territorio di Sasso Marconi si fonda sulle crescentine fritte. Chiariamo per i 'forestieri': le crescentine sono un piatto tipico dell’Emilia-Romagna che, a seconda della zona, cambia nome in gnocco fritto, torta fritta,  pizza fritta, pinzini. L'impasto delle crescentine è simile a quello del pane (anche se vi sono variabili date dalle tradizioni locali e familiari) che viene tirato con il mattarello, tagliato a losanghe e fritto. Si accompagna a salumi, formaggi molli e marmellate. Ma ci può stare anche la Nutella.
La tradizione vuole che le crescentine si friggano nello strutto. Questo tipo di fritto, se ben fatto, non è pesante, anzi le crescentine diventano anche meno unte rispetto al classico olio di semi o di palma. 
Lo stand dell'Antico Mondo nella piazzetta del mercato
A Sasso Marconi le crescentine sono un must, il cibo di strada (oggi declinato nel più anglofono: street food) che non manca mai, quando ci sono feste o una sagre, grazie all'impegno d'associazioni come Antico Mondo Contadino, Mieti & Trebbia e al giovane imprenditore locale Lorenzo Biagioni con lo stand Le crescentine di Biagio
Le crescentine, ovviamente, si trovano anche nei forni, nelle rosticcerie, nei ristoranti e negli agriturismo del territorio. Ognuno le declina a proprio modo: peculiarità nella ricetta, dimensioni (piccole come una noce, grandi quasi come la federa di un cuscino), tipo di cottura (olio o strutto). Molto spesso sono buone, anche se in qualche rara occasione - forse per la fretta, forse per risparmiare - ci si trova ad addentare qualcosa che solo vagamente ricorda le crescentine.
Tante zdaure locali preparano questo cibo in casa. L'unica controindicazione afferisce l'odore di fritto che si genera durante la cottura, tant'è che per molte signore è usuale cuocerle all'aperto per evitare d'impestare la casa.
Un momento della cottura delle crescentine di Biagio
A Sasso Marconi, sebbene le crescentine riscuotano sempre successo, servirebbe maggiore attenzione nei confronti di questa pietanza, data la bontà, la sua diffusione capillare e la tipicità. Senza nulla togliere al tartufo, ai funghi o alle ciliegie - che hanno spazi e momenti a loro dedicati - vi sono anche altri prodotti, come crescentine e vino, che meriterebbero maggiore visibilità e considerazione. 
La capacità di valorizzazione dei numerosi prodotti tipici locali può rappresentare "un elemento decisivo per lo sviluppo e il rilancio del territorio sassese, in considerazione delle importanti ricadute economiche, sociali e turistiche che esso può produrre. Attraverso la valorizzazione delle tipicità, infatti, la funzione meramente produttiva delle attività agricole e commerciali viene integrata da nuove e diverse funzioni, tra cui la tutela dell’ambiente e del territorio, la conservazione della cultura e delle tradizioni rurali, creando e ampliando spazi e luoghi interessati da nuove dinamiche di tipo economico e sociale" (cit.). 
Zdaura di Batedizzo
prepara le crescentine in garage
Nella nostra regione (incluso il territorio di Sasso Marconi) negli ultimi anni si è assistito ad una "proliferazione d'iniziative volte ad affiancare alla produzione agricola quella dei servizi (turistici, ricreativi, educativi, sociali, ecc.), anche allo scopo d'intercettare e soddisfare nuovi segmenti di consumatori interessati alla fruizione dei prodotti agricoli nei territori di produzione al fine di “immergersi” nella cultura dei luoghi e di vivere le esperienze di consumo come occasioni di arricchimento culturale e sociale" (cit.).
Al contempo, "l'affermarsi di un modello di produzione e di consumo non di massa ha rafforzato e fatto emergere l'interesse per i prodotti agro-alimentari tradizionali e tipici", dando luogo altresì al fenomeno definito da alcuni studiosi di ristrutturazione rurale: pensiamo, ad esempio, ai numerosi agriturismi che punteggiano il nostro territorio per rispondere a una nuova multifunzionalità che caratterizza le attività agricole e ricettive. 
Se le istituzioni locali, in collaborazione con il tessuto imprenditoriale e il mondo dell'associazionismo, operassero in modo ancora più incisivo e convinto per la valorizzazione e la promozione della qualità dei prodotti tipici - dai funghi al vino passando per le pietanze tipiche - mettendo ancora più al centro dell’attenzione quanto di buono si crea e si trasforma sul territorio, "si avrebbero sicuri vantaggi, non solo dagli operatori economici ma anche per le amministrazioni pubbliche le quali avrebbero un elemento centrale su cui basare una strategia complessiva di sviluppo locale che prevede anche la salvaguardia culturale delle tradizioni produttive" (cit.). 

RICETTA delle CRESCENTINE
Ingredienti
  • 500 g di farina 0
  • 50 g di strutto
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • 10 g di sale fino
  • latte tiepido q.b.
  • 1 kg di strutto per friggere
Procedimento
Disponete la farina a fontana e inserite al centro lo strutto sciolto, il bicarbonato, il sale e un po’ di latte. Iniziate ad impastare aggiungendo latte a sufficienza per ottenere un impasto liscio e abbastanza sostenuto.
Fate una palla e mettetela a riposare in una ciotola coperta da un burazzo/canovaccio per mezzora. Con il mattarello tirate una sfoglia sottile (3 mm) e tagliatela a rombi di 6/7 cm di lunghezza.
In una padella abbastanza larga fate sciogliere lo strutto (o fate scaldare l’olio) e friggete un alcuni rombi alla volta 1 minuto per lato (devono essere leggermente dorati). Noterete che l’impasto a contatto con lo strutto si gonfia formando delle bolle e viene subito in superficie.
Adagiate le crescentine in un vassoio con carta assorbente e servitele calde accompagnate da affettati (ci stanno bene tutti, dal prosciutto crudo alla coppa di testa, passando per la mortadella e i ciccioli), formaggi molli (squacquerone, stracchino), marmellate e pure la Nutella. Ciò rende le crescentine un prodotto adatto dall'antipasto al dolce.

mercoledì 14 settembre 2016

A Bologna c'era un palazzo di gelato

Una volta, a Bologna, fecero un palazzo di gelato proprio sulla Piazza Maggiore, e i bambini venivano di lontano a dargli una leccatina.
Il tettto era di panna montanta, il fumo dei comignoli di zucchero filato, i comignoli di frutta candita. Tutto il resto era di gelato: le porte di gelato, i muri di gelato, i mobili di gelato.
Un bambino piccolissimo si era attaccato a un tavolo e gli leccò le zampe una per una, fin che il tavolo gli crollò addosso con tutti i piatti, e i piatti erano di gelato al cioccolato, il più buono.
Una guardia del Comune, a un certo punto, si accorse che una finestra si scioglieva. I vetri erano di gelato alla fragola, e si squagliavano in rivoletti rosa.
“Presto”, gridò la guardia, “più presto ancora!”
E giù tutti a leccare più presto, per non lasciar andare perduta una sola goccia di quel capolavoro.
“Una poltrona!” implorava una vecchiettina, che non riusciva a farsi largo tra la folla, “una poltrona per una povera vecchia. Chi me la porta? Coi braccioli, se è possibile”.
Un generoso pompiere corse a prenderle una poltrona di gelato alla crema e pistacchio, e la povera vecchietta, tutta beata, cominciò a leccarla proprio dai braccioli.
Fu un gran giorno, quello, e per ordine dei dottori nessuno ebbe il mal di pancia.
Ancora adesso, quando i bambini chiedono un altro gelato, i genitori sospirano: “Eh già, per te ce ne vorrebbe un palazzo intero, come quello di Bologna”.

Tratto da "Favole al telefono", Gianni Rodari, 1962

lunedì 12 settembre 2016

Fira di Sdaz di Pontecchio Marconi ovvero "una grande festa popolare, un momento d'aggregazione irrinunciabile per grandi e piccini, un'occasione per conoscere le tradizioni enogastronomiche dell'appennino, un rituale vivace in cui mescolano colori, suoni, sapori della cultura contadina". 
Ho preso in prestito le azzeccate parole di Silverio Ventura, presidente dell'Associazione Fiera di Pontecchio, poichè mi sembrano la chiosa ideale per descrivere, soprattutto con le immagini a corredo di questo post, quella che a ragione può essere definitiva la quintessenza della storia locale. Se si desidera conoscere questo territorio, chiuso tra gli Appennini e la città di Bologna, una gita alla Fira di Sdaz è d'obbligo. La kermesse si tiene da sempre a cavallo dell'8 settembre e, nei sui 343 anni di storia, non è mai accaduto che sia stata sospesa, neppure durante i tempi bui del secondo conflitto mondiale. Quest'anno l'apertura si è tenuta proprio l'8 settembre, puntale, ad animare il borgo e la corte del cinquecentesco Palazzo de’ Rossi, a Pontecchio. 
Passano gli anni ma la Fiera di Pontecchio conserva intatto un fascino che ci riporta indietro nel tempo, alle tradizioni popolari e alle origini contadine delle genti di Sasso Marconi. 
Prendendo ancora a prestito le parole di Ventura, egli descrive come si sia evoluta negli anni la Fiera: "Una volta andare alla Fira di Sdaz era l’occasione per approvvigionarsi di utensili per la vendemmia, festeggiare il raccolto, acquistare il bestiame e vendere i propri prodotti. Da allora tante cose sono cambiate, ma la manifestazione continua ad essere un importante momento di aggregazione per la gente del luogo e per tanti visitatori (record di presenze: 35.000 nel 2014) e un’occasione per immergersi tra i colori, i suoni e i sapori della cultura contadina, proprio come un tempo".
Anche quest'anno la Fiera si è aperta nel rispetto della tradizione più autentica giovedì 8 settembre, quando Palazzo de’ Rossi ha assunto le sembianze di un borgo rinascimentale ospitando una rievocazione storica in costume con tanto di cena medioevale a lume di candela nel suggestivo contesto del borgo rischiarato dalle torce e popolato da nobildonne, gentiluomini e gente del contado: un’occasione unica per calarsi nell’atmosfera del ‘600, quando la Fiera muoveva i primi passi proprio qui, a Pontecchio, secondo un copione destinato a riproporsi nei secoli.
Nel corso dei 4 giorni sono stati ospitati nell'area artisti, artigiani, bancarelle con prodotti per la casa, il giardino, la cantina e i caratteristici setacci (gli“sdaz”), assaggi golosi di prodotti locali, curiosità e intrattenimento dal mattino a tarda sera. 
La 343ª Fìra di Sdaz ha proposto alcune novità, tra cui uno spazio tematico dedicato allo street food e una birreria con ristoro aperta dal mattino a notte fonda, abbinata ad un’area ristorante (gestito da volontari dell'associazione fiera di Pontecchio) da 350 posti, con nuovi sapori e prodotti tipici.
Tra le novità dell’edizione 2016 c’è stato il concorso a premi “Fornai per un giorno”, che ha premiato le migliori pagnotte preparate con la farina integrale Colle Ameno. Questa farina è un prodotto naturale a Km 0, ricavato da grano antico tenero "Verna". Un'esperienza significativa promossa dal gruppo25aprile*, con la partecipazione di vari sodalizi locali.
Molto belle, interessanti e anche coinvolgenti le iniziative relative la Fattoria, all’interno dell’Area Agricola, dove sono stati riproposti gli antichi mestieri contadini, gli animali domestici, i banchi dei produttori agricoli e le esibizioni dei campanari dell'Associazione Beata Vergine di San Luca. 
Numerosi gli spazi dedicati alle associazioni con il Circolo Filatelico G. Marconi e Gruppo di Studi Progetto 10 Righe (impegnate in promozione e conservazione della storia locale), gli Arceri della Rupe, il Sasso Marconi Calcio, la scuola materna Grimaldi. Senza contare i volontari del C.S.P. Pontecchio che gestivano il parcheggio della Fiera per aiutare a finanziare le attività della loro polisportiva.
Il 10 settembre si è tenuta la Pedalata dell’antica Fiera, con gare di e-bike e mountain-bike a coppie in staffetta, a cura dell’MTB “La Rupe”. 

Infine la domenica c'è stato il grande raduno (l'ottavo) di trattori Tractor Sdaz che ha chiuso la manifestazione con prove di aratura, dimostrazione di trebbiatura del grano, giochi contadini nell’aia e il concorso di bellezza Miss Tractor Sdaz.

*: nel bando 2015 dell’Istituto per i Beni Culturali dell’Emilia Romagna Giovani per il Territorio, che ha visto tra i vincitori il gruppo25aprile di Sasso Marconi con il progetto “Colle Ameno: le radici di un futuro”, finalizzato a valorizzare Colle Ameno facendo conoscere i principali aspetti di interesse nella storia di questo luogo. Il progetto è dedicato all’attività di panificazione esistita nel ‘700 a Colle Ameno dove, tra le tante attività artigianali, artistiche e commerciali del Borgo, c’era un negozio di granaglie attrezzato con un forno per la cottura del pane (bianco e nero). L’obiettivo era quello di far conoscere questa antica attività e renderla nuovamente attuale nel rispetto della lavorazione di un tempo. Ecco allora che nell’autunno scorso, presso il fondo di Cà del Bosco, la Cooperativa Sociale “Copaps” ha seminato un grano antico, il “Verna”. Dopo la mietitura avvenuta un paio di mesi fa, il grano è stato macinato a pietra dal Mulino Ferri di Borgonuovo. E’ nata così la farina integrale Colle Ameno: un prodotto di buona qualità, ricavato da grano coltivato biologicamente sul territorio di Sasso Marconi.