venerdì 29 gennaio 2016

Se non si agisce in fretta l'appennino bolognese rischia di morire


L'autunno/inverno 2015/16 rischia di diventare uno dei peggiori di sempre per l'appennino bolognese. E non tanto per le anomalie climatiche, bensì per i problemi legati al mondo del lavoro: da Sasso Marconi a Gaggio Montano, passando per Roncobilaccio e Porretta, è una debacle. 
Prima la SAECO ha comunicato di voler licenziare 243 dipendenti, quindi l'apertura della variante di valico che, se da un lato ha finalmente offerto  una via di comunicazione su gomma veloce e moderna tra nord e sud Italia, dall'altro ha messo in ginocchio gliautogrill e i ristoranti/alberghi lungo il vecchio tratto della A1, con il rischio della perdita di oltre 100 posti di lavoro.
Sono poi di questi giorni le notizie relative i licenziamenti annunciati alla Manz di Sasso Marconi, il contratto di solidarietà all'Arcotronics di Pontecchio Marconi e la FIAC venduta ad una multinazionale straniera. Non tutte notizie di per sè negative ma che vanno monitorate con attenzione.


Una situazione esplosiva in un contesto già fortemente in difficoltà, sia per le peculiarietà del territorio, sia per la crisi di alcuni comparti produttivi, in primis quello metalmeccanico e del suo indotto.
Da parte delle istituzioni, a partire dalla Regione Emilia-Romagna e anche del ministero dello sviluppo economico, c'è stato fin da subito impegno e interesse, tant'è che sono stati aperti tavoli di crisi, cui hanno partecipato enti locali, sindacati ed aziende. Ma non sempre, soprattutto queste ultime, hanno avuto un atteggiamento conciliante. Anzi, come nel caso SAECO, vi è stato un pesante braccio di ferro dove pare stia prevalendo la proprietà, ovvero la multinazionale olandese Philips, che non ha receduto d'un passo rispetto i licenziamenti e la delocalizzazione in Romania della produzione di macchine per il caffè. Non c'è soltanto la crisi Saeco: più di seimila persone a Bologna hanno il loro posto di lavoro appeso ad un filo. Si tratta soprattutto di persone in mobilità che entro la fine dell'anno potrebbero ritrovarsi iscritte nelle liste di disoccupazione. Lo denuncia la Cgil, che prevede un ritorno al segno più della disoccupazione per la fine del 2016: "In base ai dati del nostro osservatorio, che sono legati agli accordi sindacali fatti direttamente con le imprese, a Bologna e provincia ci sono più di seimila persone tra mobilità e cassa integrazione", spiega il segretario della Camera del lavoro Maurizio Lunghi a La Repubblica Bologna. "Questo significa che a fine anno rischiamo di vedere risalire la disoccupazione oltre la soglia del 7%, visto anche che questi lavoratori non potranno più utilizzare gli ammortizzatori sociali come prima a causa della modifica delle norme". I dati completi saranno resi noti a marzo, quando il sindacato li presenterà di fronte ad imprese ed istituzioni.
Già nelle scorse settimane, Massimo Gnudi (vicesindaco metropolitano con delega allo sviluppo dell'Appennino e sindaco di Vergato) ha espresso la propria preoccupazione e assicurato il suo impegno per attivare azioni congiunte a salvaguardia dell'occupazione e degli insediamenti produttivi sul territorio dell'Appennino: “La crisi Saeco, in questo difficilissimo momento sta portando all'attenzione di tutti che la fondamentale vocazione industriale dell'Appennino bolognese non può essere dimenticata. In questo senso, la Città metropolitana ha già posto fortemente all'attenzione della Regione Emilia-Romagna la necessità di definire modalità e strumenti di gestione attiva dei processi di trasformazione industriale, in vista del programma regionale per la montagna che verrà condiviso nel prossimo mese di gennaio
Le istituzioni hanno dichiarato di voler agire su più fronti: sostegno alle singole situazioni di criticità e contemporaneamente impostazione delle politiche di sviluppo dell'Appennino bolognese, anche individuando nel turismo sostenibile (dove sono presenti già alcune significative esperienze, tra cui la via degli dei che passa per Sasso Marconi) una delle piste di lavoro, su cui sono già stati compiuti importanti passi.
C'è da sperare che i finanziamenti cospicui e le proposte di questi giorni alla Conferenza sulla montagna promossa dalla Regione, trovino attuazione in fretta poichè il rischio di veder morire una parte significativa della provincia di Bologna è elevata.

giovedì 28 gennaio 2016

Comunità Solare di Sasso Marconi, quando i cittadini possono fare la differenza

Sasso Marconi è una realtà ricca, non solo dal punto di vista economico ma anche per quanto concerne il capitale umano: la sensibilità civica e culturale sono molto diffuse e si declinano in vari aspetti, tra cui molto spiccato quello della sostenibilità ambientale. 
Riporto di seguito un intervento di Stefano Montuori, in cui viene presentata a Comunità Solare di Sasso Marconi.


Scopo della Comunità Solare Locale è la riduzione dei consumi energetici da fonti fossili e la produzione di energia da fonti rinnovabili; non si tratta solo dei pannelli fotovoltaici, anzi, nei consumi delle nostre case l’elettricità incide molto meno del riscaldamento. Le linee guida sono:
Ø  CONOSCERE L’ENERGIA
Ø  RIDURRE I CONSUMI
Ø  PRODURRE ENERGIA DA FONTE RINNOVABILE IN MODO CONVENIENTE E CONDIVISO
Ø  RIDUZIONE DEI COSTI IN BOLLETTA
Ø  RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA

Il cittadino di Comunità Solare è una persona consapevole che la nostra società è di fronte ad una sfida epocale, che ci porterà a rivedere la strategia per garantirci l’approvvigionamento di energia elettrica, termica e per garantire i trasporti.
Comunità Solare Locale è un network di associazioni locali.
Sono già 6 le associazioni formatesi, siamo partiti a Casalecchio, Medicina, Ozzano dell'Emilia, San Lazzaro di Savena, Zola Predosa e Sasso Marconi.

Il comune di Sasso Marconi aderisce al network e per sostenere la nostra associazione ha messo a disposizione dei cittadini che hanno costituito la Comunità Solare di Sasso Marconi, 42 kW della prima piattaforma fotovoltaica collettiva, realizzata sulle strutture comunali. Puoi avere così la possibilità di fruire dell’energia elettrica prodotta dalla piattaforma e questo si traduce in uno sconto sulla bolletta della luce.
Entrando nella Comunità Solare di Sasso Marconi come socio ordinario, riceverai, su appuntamento, la visita dell’Acchiappa Watt, una persona che ha il compito di aiutarti a individuare e ridurre gli sprechi. La visita a casa durerà un’oretta circa e potrai capire i consumi e gli eventuali sprechi grazie all’utilizzo di strumentazioni professionali. Risparmiare, ridurre le emissioni, non diventerà una privazione, ma una ricchezza in più per la famiglia, che può arrivare agevolmente a ridurre i consumi del 20% senza rinunciare al proprio stile di vita. Diventare socio ordinario costa 15€ l’anno, una cifra assolutamente sostenibile. Esiste poi la possibilità di diventare socio sostenitore e socio energetico
L’associazione non si limiterà solo alla conoscenza, ma metterà in campo azioni e incentivi per i propri associati che vorranno sostenere la Comunità.
Comunità Solare Locale nasce dalla logica che più partecipi e aiuti la tua Comunità a realizzare i suoi obiettivi, più riduci i tuoi consumi fossili, più risparmi.
Altre linee guida della filosofia della Comunità sono indirizzate alla creazione di lavoro locale favorendo le imprese del territorio ricevendone anche sconti grazie al fatto di non essere il singolo ma numerosi potenziali clienti.
Infine dobbiamo tener conto della direttiva 20-20-20 che stabilisce degli obblighi onerosi (in caso di non raggiungimento si paga) e riguardano ogni regione e ogni singolo comune. Se Sasso Marconi non riuscirà a rispettarli dovrà pagare le quote mancanti ad altri comuni più virtuosi, viceversa potrà vendere quote ai comuni non in regola. Questo vuol dire un aumento o una riduzione della tassazione comunale. Stesso discorso vale a livello regionale; se l’Emilia rispetterà gli obiettivi potrà vendere quote ad altre regioni incamerando risorse, altrimenti dovrà pagare, cioè noi dovremo pagare.



Se sei interessato ad approfondire e a scoprire i vantaggi, contattaci a cslsassomarconi@comunitasolare.eu, per i residenti nel comune di Sasso, altrimenti scrivi a info@comunitasolare.eu o parla direttamente con noi al 389 8955134.


Stefano Montuori – vice presidente Comunità Solare di Sasso Marconi 

martedì 26 gennaio 2016

I calzetti della nonna

Questa mattina, quando ho raccolto i calzini dal termosifone caldo, è uscito fuori da qualche remota curva nella memoria un ricordo d'infanzia per me molto significativo. Quand'ero piccolo talvolta i miei genitori mi portavano a dormire dai nonni paterni, che risiedevano poco distante da noi. La mattina per vestirmi m'aiutava mia nonna Vittoria. E d'inverno, quando faceva particolarmente freddo (che loro in casa avevano la stufa, mica i termosifoni come ci sono oggi), s'infilava i miei calzini nel decoltè per riscaldarli, così avevo i piedini al caldo al momento d'uscire di casa. Oltre ad essere un gesto d'affetto era una delle tante astuzie di chi, nato e cresciuto in tempi difficili, aveva grande senso pratico e predisposizione al lavoro di cura.

lunedì 25 gennaio 2016

Mi piaci se ti muovi

Uno degli aspetti che maggiormente m'ha stupito quando mi sono trasferito a Sasso Marconi è che tutti, ma proprio tutti, sono in perpetuo movimento. Così fare attività fisica diventa un  must se si vuole socializzare e conoscere la comunità. 
Per movimento non mi riferisco solo alla corsa o al più morbido jogging, bensì a tutto ciò che riguarda l'attività fisica: dal sistemare l'orto fino agli sport più impegnativi. La laboriosità e l'incapacità di star fermi è uno dei tratti che più caratterizzano i sassesi. Aspetti che sicuramente si trovano anche in altre comunità ma che qui hanno picchi tra il sublime e il patologico. Così ci si può imbattere in podisti che in gruppo, alle 9 o 10 di sera, corrono per le strade del paese oppure incrociare decine di patiti della mountain bike, molto provenienti da fuori paese, che vanno su e giù per le colline marconiane, diventate ormai una delle mete più apprezzate d'Italia per gli MTB racers.
Ma quando parliamo di tenersi in attività non possiamo dimenticare l'operosità degli umarell e delle zdaure locali che continuamente rassettano casa (sovente in modo maniacale), preparano da mangiare, coltivano orti e fanno ciappini, offrendo un grande esempio di vitalità.
Data questa grande fisicità le associazioni sportive a Sasso Marconi sono numerose e molto frequentate. La più diffusa, sia per numero d'iscritti che per tipologia d'attività, è il CSI: una vera potenza in grado di soddisfare tutte le fasce d'età (dai bimbi di 3 anni del minibasket gli anziani che fanno ginnastica di mantenimento) e le categorie. C'è poi il calcio con 2 società sportive: il blasonato Sasso Marconi Calcio, che attualmente milita nel campionato d'eccellenza e ha colori sociali gialloblu, e la neonata CSP Pontecchio che promuove una forma meno competitivadi approccio al soccer. Abbiamo anche il baseball che ha trascorsi importanti e fino poco tempo fa aveva pure una compagine femminile che giocava a softball. Ci sono anche sport minori, che hanno un ottimo seguito, come ad esempio il ping pong. E pure uno skatepark per i più giovani presso il (martoriato) parco Marconi.
Ma non c'è solo lo sport per chi desidera fare attività fisica: c'è lo yoga, che viene promosso da ben tre diversi sodalizi, e ci sono scuole di ballo: dalla danza ai balli caraibici, passando per il ballo liscio, le danze popolari e l'hip hop.
Per concludere con le associazioni (CSI Escursionismo, CAI Medio Reno) che si occupano di gite ed escursioni che annualmente portano in giro per Alpi, Appennini e città d'arte appassionati di montagna e non solo.
Ovviamente gli spazi per fare sport e attività motorie non mancano, sebbene non tutti siano adeguati alla mole d'utenza e alcuni abbisognano d'essere ammodernati, ad esempio la piscina, sulla quale per fortuna sono previsti lavori di sistemazione che, speriamo, inizino a breve..

Alla fine anche un pigro uomo di pianura come me, abituato alle piste ciclabili senza dislivelli (fatto salvo quale argine qua e là) ha iniziato ad adeguarsi all'andazzo - è proprio il caso di dirlo - così ho ceduto alle insistenze dell'amico Andrea, seguendolo in alcuni sentieri nei dintorni di Sasso, a partire da quelli più vicini e accessibili sopra Monte Mario, la collina sotto cui passa la galleria dell'autostrada A1 che porta a Firenze.


Sono felice di questa scelta poiché ho avuto modo di apprezzare uno scorcio di natura e maestosi paesaggi a pochissimi km dal centro del paese: giunti in cima a Monte Mario lo spettacolo è assolutamente impagabile, si può ammirare una lunga sezione della valle del Reno e nelle giornate limpide anche il Corno alle Scale ed il Cimone.
Ho inoltre scoperto che alcune parti dei sentieri erano state antiche strade romane (ad esempio nell'immagine sottostante un antico ponte romano), prima tra tutte la via degli dei, un percorso che si snoda da Bologna a Firenze ed è diventato una delle principali attrattive turistiche dell'Appennino per chi ama il trekking e i percorsi in mountain bike.


venerdì 22 gennaio 2016

Spunti di riflessione per comprendere il ddl Cirinnà sulle Unioni Civili

In Italia fino al 1948 le donne non potevano votare, mentre fino all’inizio degli anni 70 il divorzio era illegale. Ora sembrano cose impossibili eppure all'epoca c'era chi s'opponeva a tali cambiamenti e il tutto era oggetto di dibattito.
Il tema delle unioni civili di cui si discute in questi giorni nel nostro Paese non è così diverso, poiché rappresenta una di quelle battaglie destinate a essere perse da chi vi si oppone: non solo per merito dei protagonisti o demerito degli avversari, ma semplicemente perché questa è la direzione in cui il mondo (speriamo non solo quello occidentale) e la società stanno andando.
Negli ultimi anni infatti sul fronte dei diritti delle coppie omosessuali ci sono stati passi in avanti inimmaginabili fino a pochi anni fa. Solo il 2015 ha visto il riconoscimento dei matrimoni gay da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, la vittoria del sì ai matrimoni omosessuali nel referendum in Irlanda e un mese fa l'approvazione delle unioni civili in Grecia. Ma basta guardare una qualsiasi mappa che raffigura lo stato dei questi diritti per rendersi conto all'istante dell'arretratezza del nostro Paese, un'arretratezza che è stata ribadita anche dalla Corte suprema dei Diritti dell'uomo, che nel luglio dello scorso anno ha condannato all'unanimità l'Italia per aver violato l'Articolo 8 dei diritti dell'uomo:  il "diritto al rispetto della vita familiare e privata".
Al momento in Italia non esistono leggi che tutelino i diritti delle coppie dello stesso sesso. Tra le altre cose, le coppie omosessuali non beneficiano di vantaggi fiscali né di diritti successori e il partner non è autorizzato a fornire assistenza in caso di malattia né di gestire il patrimonio dell'altra persona.
In questo scenario l'Italia è arrivata al voto in aula del ddl Cirinnà denominato di "regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze" e in programma il 28 gennaio. Il testo originale è stato approvato per la prima volta in commissione di Giustizia del Senato il 26 marzo del 2015, ma la norma è rimasta fino ad adesso bloccata al Senato, affossata delle polemiche e dell'ostruzionismo sia interno che esterno al Partito Democratico.

Il ddl Cirinnà
Il disegno di legge si divide in due parti. 
La prima introduce l'unione civile tra persone dello stesso sesso, sotto il moderato nome di "specifiche formazioni sociali". Tra i suoi articoli contiene anche il più discusso, ovvero il quinto, che riguarda la "stepchild adoption", secondo cui una delle due persone può adottare il figlio naturale dell'altra. Si tratta di un regolamento che in Italia già esiste per le coppie eterosessuali e non c'è, in questo, alcun riferimento alla maternità surrogata, che nel nostro paese rappresenta un reato penale.
La seconda, invece, regola la convivenza di fatto, sia tra coppie eterosessuali che omosessuali. In entrambi i casi, spettano alla coppia diritti e doveri quali di diritti fedeltà, assistenza morale e materiale, successione, e altro. Come si può vedere, insomma, il ddl Cirinnà non è niente di rivoluzionario. Anzi, è il frutto di laceranti compromessi parlamentari e della conformazione politica del governo che l'ha generata.
L'attuale testo rappresenta, infatti, una versione rivista rispetto a quella originale, frutto della mediazione con il Ncd ma anche l'area cattolica del Partito Democratico. Tra le modifiche presentate nel nuovo testo c'è l'eliminazione di qualsiasi riferimento al matrimonio, appunto per le coppie di fatto alla denominazione di "specifiche formazioni sociali".
Tuttavia le modifiche apportate potrebbero non essere terminate. Ed è proprio questo il punto che in questi giorni - in controtendenza con le dichiarazioni che sconfessavano ogni possibilità di modifica - si è arrivati a ipotizzare l'inserimento di una modifica che marchi ulteriormente la differenza tra unioni civili e matrimonio, per evitare, ufficialmente, che la legge venga bloccata dalla Corte Costituzionale (la quale, in precedenti casi analoghi, aveva ribadito l'incostituzionalità di tale equiparazione).

L'opposizione
L'opposizione al ddl riguarda soprattutto l'articolo relativo la stepchild adoption ed è stata chiara fin dal momento in cui è stato presentato, così all'arrivo in Senato sono sorte le dure reazioni di Lega, Forza Italia e Ncd. Ma a preoccupare per il destino del disegno di legge sono anche i malumori interni al PD. Nonostante la linea della maggioranza dentro il partito, ci sono una trentina senatori pronti a non firmare l'articolo sulla stepchild adaption, e che premono affinché questa venga sostituita con la pratica dell'affido rinforzato, una forma di affido che, con rinnovo biennale, dura fino alla maggiore età del figlio, periodo dopo il quale questo può scegliere di essere adottato. Proprio la scorsa settimana, a tale scopo è stato presentato un emendamento firmato da 37 deputati.

Al di fuori della politica di palazzo la Cei è scesa definitivamente in campo contro il ddl lo scorso 7 gennaio. La stessa posizione è stata di fatto rinforzata e ufficializzata dieci giorno dopo dal cardinal Bagnasco, che in un'intervista a Repubblica ha ribadito la posizione della Chiesa. Il presidente della Cei ha infatti definito "necessario" il nuovo Family Day e ribadito il ruolo unico della famiglia tradizionale, esortando il Parlamento a occuparsi dei problemi veri, rispetto a cui le unioni civili rappresenterebbero "una distrazione grave e irresponsabile".

mercoledì 20 gennaio 2016

Sfrappole versus crostoli

Il prossimo 9 febbraio sarà carnevale. Una festa molto amata sia dai bambini che da molti adulti. 
Essendo goloso e amante dal mangiare bene, ma soprattutto del mangiare all'emiliana, quando passo davanti a un forno (di quelli che sanno fare le cose buone!) non posso esimermi dall’entrare e, se siamo tra gennaio e febbraio, acquistare un vassoio di crostoli da portare a casa per condividerlo coi familiari. Così ho fatto la settimana scorsa. Rientrato a casa, a seguito di una trasferta nel suolo natio, dopo cena ho portato in tavola il tipico dolce di carnevale: “Oggi a Ferrara ho preso i crostoli”.

Nella foto sopra i crostoli acquistati al forno Orsatti di via Garibaldi a Ferrara

La prole mi ha guardato con fare interrogativo finchè non m’ha visto aprire il pacchetto. Così la mamma, da brava bolognese, ha puntualizzato: “Bimbi dovete capire il papà se ogni tanto parla ferrarese. Queste sono simili alle sfrappole ma non buone come le nostre. Loro [intesi i ferraresi, NdA] non le sanno fare”. Come se il copyright di questo dolce di carnevale fosse esclusivamente felsineo. In realtà le sfrappole o crostoli sono presenti un po’ tutta Italia, anche se ognuno le declina nel proprio idioma: bugie (Genova, Torino, Imperia), cenci (Toscana), cròstoli (Ferrara, Veneto, Trentino, Friuli Venezia Giulia), galàni (Venezia, Padova), sfrappole (Bologna, Modena) chiacchiere (Romagna), cioffe (Sulmona, Centro Abruzzo), sfrappe (Marche).


Nella foto sopra sfrappole nella bacheca del forno Pallotti di via Borgo S. Pietro a Bologna

Riflettendoci la consorte ha le sue ragioni poiché l’Italia è il Paese dei campanili e quindi, anche se Ferrara e Bologna distano appena 50 km, si tendono spesso a rimarcare le differenze. Senza contare che pure all’interno di una stessa comunità, nella preparazione di una pietanza o d'un dolce, si possono riscontrare modifiche anche significative che solitamente arricchiscono e danno valore aggiunto al prodotto. 
Ad esempio, molte zdaure ritengono che le sfrappole si debbano cuocere rigorosamente nello strutto, giusto per dare quel tocco di 'leggerezza' in più. Diversamente, nelle ricette che si trovano online o su pubblicazioni cartacee, viene consigliata la cottura nell’olio di semi. Qualcun'altro suggerisce di usare l’olio d’oliva, più digeribile e salubre, ma si rischia che il sapore dell'olio prevalga sul resto. Molti forni, invece, usano il vituperato olio di palma ritenuto il male assoluto dagli ambientalisti.
Un'altra differenza importante, che non avevo notato quando abitavo nel ferrarese, è che qui a Sasso molte zdaure bagnano le sfrappole con l'Alkermes un liquore dal colore rosso che solitamente si usa per le pesche dolci o per la bagna di dolci farciti, ad esempio la zuppa inglese.
C'è poi la questione dello spessore della sfoglia: i bolognesi la fanno molto sottile, mentre a Ferrara usualmente è più spessa, il che porta a un maggiore assorbimento del liquido in cui si cuociono i crostoli. 
E anche sulla forma, come si evince dalle foto presenti nel post, ci sono fior di diatribe: rettangolari, a fiocco, col taglio in mezzo?
Infine la questione dello zucchero sopra le sfoglie di pasta: a velo, vanigliato o granulare?

Nella foto sopra le sfrappole realizzate da una zdaura di Pontecchio Marconi


Su di una cosa, però, penso siamo tutti d'accordo: le sfrappole/crostoli/chiacchiere confezionate, che si vendono solitamente nei supermercati e nei centri commerciali, fanno schifo e hanno ragione d'esistere. 

lunedì 18 gennaio 2016

Organizzare un corso per tirare la sfoglia per contribuire a salvaguardare le tradizioni locali

Da alcuni anni vanno molto di moda i corsi per imparare a cucinare, complici i mass media che c'inondano d'immagini e trasmissioni sull'arte culinaria.
Ormai, intorno a questi corsi è fiorito un business. E' altresì possibile - scrivo per esperienza personale, sia in qualità di utente (vedasi l'articolo a pagina 6 de Il Resto di Sasso) che promotore - realizzare questo tipo d'attività a costi irrisori, nel caso non lo si faccia a scopo di lucro (ad esempio se a organizzarli sono associazioni di promozione sociale) e con il sostegno delle istituzioni (ad esempi enti locali, associazioni di commercianti) che mettono a disposizione spazi e attrezzature.
Scrivo questo perchè l'identità d'un popolo e d'un territorio nascono anche dalla memoria enogastronomica locale. Per questo motivo bisognerebbe offrire la possibilità di partecipare a corsi in cui si preparano piatti locali, magari anche confrontandoli con piatti simili di altri territori. Tale operazione è tanto più utile in un contesto come quello bolognese in cui una parte della popolazione proviene da fuori provincia o fuori regione. Va inoltre ricordato che non tutti hanno a disposizione qualcuno/a che tramandi loro gli insegnamenti sulle tradizioni gastronomiche locali.

Nella foto sopra tortelloni realizzati da una zdaura e un umarell di Sasso Marconi

Di seguito mi permetto di suggerire alcune indicazioni su tempi, modi e costi, per organizzare un mini-corso rivolto a cittadine e cittadini che si vogliano cimentare nell'arte culinaria locale.

Dati sul corso
Numero incontri: 4
1) Nozioni di base e storia; tirare la sfoglia col mattarello
2) Le tagliatelle
3) I tortellini
4) I tortelloni

Durata incontri: 2 ore l’uno
Numero corsisti : max 20
Costo del corso: 50 euro ogni iscritto
Docenti:
-          un coordinatore
-          3 tutor (sfogline)

Materiale a cura degli organizzatori
-          taglieri
-          vassoi di cartone
-          uova (per la sfoglia): ogni incontro 2 uova per corsista 
-          farina (per la sfoglia): ogni incontro 2 etti di farina per corsista 
-          ripieno per tortelloni: ricotta, formaggio grana, prezzemolo, spinaci
-          ripieno per tortellini: carne di maiale, grana, uova, sale, noce moscata
-          schede e ricette sulla storia delle pietanze

Materiale a cura dei corsisti
-          mattarello
-          grembiule

venerdì 15 gennaio 2016

Incubi di provincia


Per chi è cresciuto negli anni 70 e 80 del secolo scorso la firma Bonvi e' sinonimo di fumetto. Lo scrittore modenese, ma trapiantato a Bologna, è stato un grande cartoonist, ideatore e co-autore di alcune delle più geniali ‘strisce a fumetti’ prodotte in Italia ed Europa: Sturmtruppen, Nick Carter, Storie dello Spazio Profondo e Cattivik (quest’ultimo poi verrà portato avanti da Silver).


Ora, a vent’anni esatti dalla sua prematura scomparsa, Bologna lo ricorda con una mostra nella Piazza Coperta della Biblioteca Salaborsa.  La retrospettiva è intitolata Incubi alla Bolognese. Leggende urbane di Bonvi ed è aperta fino al 31 gennaio prossimo.
Ieri, durante la pausa pranzo, sono andato a visitarla insieme a mia moglie e sono rimasto molto colpito. Nella mostra sono esposti in esclusiva alcuni dei più interessanti lavori che fanno parte dal vasto archivio lasciato dal fumettista, in particolare le tavole della serie Incubi di provincia, storie paradossali autoconclusive percorse tutte da una vena surreale e pubblicate in tempi diversi dal 1968 in poi e alcune tavole delle successive Leggende urbane, tra gli ultimi racconti realizzati dall'autore.
Il protagonista di queste brevi graphic novel è quasi sempre Bonvi, o meglio la sua rappresentazione fumettistica, che lo vede biondo e aitante giovanotto alle prese con improbabili avventure ambientate in una città notturna, in cui non si fatica a riconoscere la “sua” Bologna, con i portici, e le notti bolognesi cantate tante volte dall’amico Francesco Guccini, artefice del'introduzione della mostra, come vi evince nella foto sotto.. 



Bonvi nel 1985 fu eletto in Consiglio comunale a Bologna (nell'immagine sottostante il volantino in cui ringraziava a suo modo i cittadini che gli avevano conferito la preferenza) con Renzo Imbeni sindaco. Bonvi si presentò con la Lista Due Torri apparentata al PCI a seguito di un’originale compagna elettorale. Due anni dopo, al termine di una lunga seduta consiliare, si dimise in modo polemico e plateale: «Non voglio offendere nessuno, ma in vita mia non ho mai trascorso tanto tempo insieme ad una tal congrega di imbecilli». Poi uscì dall’aula canticchiando i Righeira: «L’estate sta finendo, e Bonvi se ne va».


Tornando alle storie presenti nella mostra, un altro racconto memorabile tra quelli esposti è Il campo di Liebowitz, una storia di paradossi temporali portati all'estremo disegnata da Bonvi nel 1969. In questo racconto, osservando il volto del barbuto scienziato pazzo si riconoscere Umberto Eco che proprio in quegli anni aveva contribuito non poco in Italia a dare dignità culturale ai fumetti anche nei confronti del mondo accademico.
Il percorso della mostra si chiude con un breve racconto inedito, realizzato da Bonvi nel 1995 sempre per il ciclo Leggende Urbane e ambientato nella Seconda Guerra Mondiale nel centro di Bologna durante un rastrellamento tedesco. In questo caso i tedeschi non sono le Sturmtruppen ma soldati veri. 




A proposito di queste ultime, Bonvi non ha mai raccontato come sono nate. Sono risapute le sue esperienze militari, il suo amore per le armi, l’attrazione per le belle divise. Ma è anche famoso il suo anarchismo, il suo spirito irridente che non gli faceva rispettare nessuno che non meritasse di essere rispettato, la sua totale mancanza di diplomazia, e soprattutto il gusto per la provocazione (esempio sublime ne fu la sua plateale dimissione dal Consiglio Comunale di Bologna). E' altresì probabile che considerasse la società borghese una sorta di esercito in cui gli uomini sono irregimentati come tanti soldatini, mentre il mondo delle Sturmtruppen dovrebbe essere, nelle intenzioni dell’autore, la riproduzione della cosiddetta società civile. E, dovendo scegliere un esercito, è ovvio che Bonvi scelse l’esercito tedesco, il più esercito, l’esercito per eccellenza, con una lingua inventata, una sorta di tedesco maccheronico ottenuto aggiungendo il suffisso 'en' alle parole italiane con cui ha ottenuto effetti comici esilaranti.

martedì 12 gennaio 2016

"Lei crede in Dio?"

L'altro giorno stavo rientrando in ufficio dopo la pausa pranzo, mi trovavo in una laterale di via Irnerio ormai nei pressi della mia sede di lavoro, quando sento un urlo. Mi volto e nel mentre penso: ‘i soliti fuorisede che fanno casino’. All’inizio non vedo niente, poi guardo meglio e dall’altra parte della strada scorgo un’anziana per terra, proprio dove termina il portico della via. Mi guardo ancora intorno per vedere se ci sono altre persone che possono aiutare la persona caduta. Nelle vicinanze non c’è nessuno, così penso: ‘Ah niente, sta volta tocca a me’. Torno indietro e chiedo all’anziana se e dove ha dolore, contemporaneamente cerco nei cassetti della mia memoria quanto mi è stato insegnato al corso della Pubblica Assistenza di Sasso Marconi al quale ho partecipato l’anno scorso. Mentalmente mi faccio il film, partendo dalle basi, ovvero dall’ABC (Airway, Breathing, Circulation: vie aeree, respiro, circolo) ma in questo caso non serve a molto, dato che la persona che ho di fronte è cosciente sebbene in evidente stato di shock. Così decido di rassicurare la vecchina, raccolgo le sue borse della spesa e chiedo dove ha dolore e se è in grado di muoversi. Per fortuna sembra non avere nulla di rotto ed è in grado, seppure a fatica (scoprirò in seguito che ha 85 anni), di muoversi. Poiché mi sono assicurato che non ha nulla di rotto scelgo di rimetterla in piedi, ricorrendo a quanto imparato al corso della Pubblica di Sasso. Le giro intorno e da dietro inizio a sollevarla prendendola sotto le ascelle e non, come vorrebbe lei, tirandola per le mani col rischio di rompere le braccia o le clavicole. Nel mentre, per fortuna, arriva un uomo che mi aiuta ad alzarla e la rimettiamo in piedi. Le porgo il suo bastone, che la aiuta a reggersi in piedi e a camminare. 
L'anziana, sebbene ancora spaventata, si sta riprendendo e mi dice: "Qualcuno lassù mi vuole bene. E’ il signore che la manda". 
Resto quasi interdetto e penso: ‘se qualcuno lassù le voleva bene magari non l’avrebbe fatta cadere’. Poi rispondo: "signora non mi manda nessuno, è lei che ha urlato e io l'ho sentita".
Lei, probabilmente non soddisfatta della mia risposta, prosegue: "ma lei crede in dio?". 
Io: "No, signora. Non sono credente". 
Allora lei: "Anche i miei nipoti". 
‘Manco male’ mi dico. Poi, cercando di spostare l’attenzione su questioni più terrene, chiedo dove abita. 
Lei risponde che è il portone accanto, proprio a due passi da dove è caduta. Allorchè penso: ‘una bella sfiga cadere a 5 metri da casa. Si vede proprio che lassù qualcuno la ama’. 
Accompagno l'anziana all’uscio e le riconsegno le borse che avevo appoggiato al muro, nel mentre lei riprende ad impezzarmi chiedendo: “Ma allora secondo lei chi ha creato il mondo?”. 
A quel punto taglio corto: “Guardi è un ragionamento filosofico un po’ lungo e io dovrei rientrare al lavoro”. 
Mi ringrazia e io scappo in ufficio, timbrando con appena 5 minuti di ritardo.

lunedì 11 gennaio 2016

Sasso Marconi è/e il cibo

I primi mesi a Sasso Marconi sono stati durissimi: la nascita del primo figlio, il trasferimento in un posto a me sconosciuto, l’inverno, il pendolarismo lavorativo. Tutto questo non ha certo aiutato la mia integrazione. L’unico conforto, oltre alla famiglia, proveniva dai tortellini che mi venivano gentilmente forniti dalla bisnonna (quasi novantenne) dei miei figli che abita sul nostro pianerottolo.
Per fortuna, con la primavera e la fine delle coliche gassose del primogenito, ho avuto l’opportunità di guardarmi intorno e ho trovato un’attività che mi consentisse d’uscire di casa, socializzare e soddisfare la mia propensione al buon cibo. Tramite Facebook scoprii che presso la sede del PD di Sasso Marconi organizzavano un corso, promosso da quella che in seguito diverrà la referente regionale di Slow Food, con quattro vere sfogline locali che insegnavano a preparare tagliatelle e tortellini: tirare la sfoglia col mattarello, preparare il ripieno, chiudere i quadretti di pasta, conservarli nel modo più adeguato.
Ho così iniziato a scoprire Sasso Marconi e farmi un'opinione su questa cittadina, dove quasi tutto si muove sottotraccia e in cui, dietro la (apparente) calma serafica tipica dei bolognesi, si cela un brulicante mondo fatto di sport, civismo e cultura del cibo declinata nei modi più variegati.
Ho quindi compreso, ben prima dei giornali anglosassoni e dei reality sulla cucina, che a Bologna e provincia il vero dio è il tortellino e la patrona di Sasso Marconi è la crescentina. La santa viene onorata almeno una domenica al mese sulla piazza del mercato (guarda caso di fronte casa mia), dove viene eseguita la liturgia della preparazione e della frittura a cura dell’associazione Antico mondo contadino: i volontari – umarells e zdaure locali – vendono crescentine farcite o vuote per finanziare attività rivolte alla comunità, come ad esempio l’acquisto di pulmini per la Pubblica Assistenza o altre associazioni del territorio.
Il cibo a Sasso lo si può trovare un po’ ovunque, ma spesso va cercato poiché non v’è enfasi di palesarsi, per cui bisogna indagare e chiedere, dato che difficilmente i locals ti raccontano le cose di loro spontanea volontà. Quindi, novello Diogene, ho provato, cercato e sovente trovato persone e luoghi che mi hanno permesso d’apprezzare la vera cucina bolognese (nel capoluogo di provincia se le sognano le pietanze che si trovano in provincia).
Ovviamente a Sasso Marconi ci sono anche eventi legali al cibo: la Tartufesta (tra fine ottobre ed inizio novembre) e la Fira di sdaz sono i due momenti clou, ma ogni occasione è buona per mangiare. Questo l’hanno ben compreso alla parrocchia di Pontecchio Marconi, dove tutti i venerdì organizzano tornei di carte e nel mentre alcune volontarie preparano crescenta, crescentine, pizza e pesce fritto. Un modo laico ma efficace per coinvolgere i parrocchiani.
Ma a Sasso Marconi non si mangia solo bolognese (sebbene siano numerosi ristoranti e agriturismi) e proprio sulla Porrettana, strada che parte da Ferrara e arriva a Porretta terme, si trova il “Marconi” gestito dai fratelli Mazzuchelli che, a detta di tutte le guide specializzate, è il migliore ristorante della provincia felsinea, rinomato per la sua nouvelle cousine.

Ovviamente il primo nemico dei sassesi è il colesterolo, che viene combattuto con un’intensa attività fisica. Ma quest’ultima sarà oggetto di un post futuro. 


Foto: le crescentine dell'immagine che correda questo post sono state scattate presso la casa di due zdaure di Batedizzo, frazione di Sasso Marconi.

venerdì 8 gennaio 2016

Cosa ci faccio qui



Uomo di pianura, anzi come si dice qui 'della bassa', ho scelto di  vivere in collina per amore e perchè Sasso Marconi offre molto alle famiglie con bambini. E di figli ne ho due. Maschi. E una moglie sassese doc, tornata al paesello natio dopo oltre 10 anni di trasferta nel capoluogo di provincia. Ci tengo a specificarlo perchè c'è differenza tra bolognesi di città e di provincia. E qui sta il bello (a volte il brutto) che permette di scoprire poco alla volta modi, luoghi, riti e miti, di una comunità gelosa custode delle sue tradizioni e del proprio benessere. Una comunità che tollera il diverso ma al contempo ne diffida, soprattutto quando questi viene da Ferrara e nel ripieno della pasta mette la zucca anzichè la mortadella.