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lunedì 28 marzo 2016

Cittadini versus istituzioni

Vivere vuol dire essere partigiani. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.[...] Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti” 
(Antonio Gramsci da Indifferenti, La città futura, 11 febbraio 1917)


L’Italia è da tempo in ostaggio di un clima di scetticismo generale e di una crescente diffidenza verso lo Stato e le istituzioni. Così, a forza di delegittimare tutto si sta perdendo ogni fiducia verso il prossimo e ci si rinchiude sempre più in piccoli gruppi simili a tribù, complici anche i social network che spesso fungono da miccia nel creare casi e mistificare la realtà. 
In questo clima di rabbia e sospetti, ogni occasione è buona per recriminare e individuare un capro espiatorio cui addossare i problemi, singoli e collettivi: dagli immigrati ai politici, passando per dipendenti pubblici e sistema dei mass media. Al contempo prendono sempre più piede demagoghi e populisti che trovano spazio e fanno proseliti principalmente nel web 2.0.
La mancanza di profondità d'analisi e la rabbia verso tutto ciò che è istituzionale spesso offuscano la possibilità di vedere in modo più ampio ed empatico cosa sta succedendo intorno a noi. Questa incazzatura limita anche la possibilità d'offrire risposte che possano contribuire a cambiare in meglio il Paese e migliorare la nostra quotidianità
La sfiducia colpisce tutte le istituzioni, sia quelle politiche, sia quelle tecnico-professionali. Pensiamo ad esempio alle battaglie contro i vaccini portate avanti da molti genitori. Oppure la recente diatriba contro governo, regioni e pediatri in merito l'eliminazione del certificato medico per il rientro a scuola post malattia. 
Ma la sfiducia verso le istituzioni colpisce in particolare quelle più vicine al cittadino, a partire dalle amministrazioni locali. Spesso a queste si chiedono risposte che non sono di loro competenza, complici talvolta amministratori locali che caricano d'eccessivo significato il proprio ruolo. Abbiamo così modo di leggere e ascoltare richieste e recriminazioni di qualsiasi tipo verso le amministrazioni comunali. Si pretende che queste risolvano problemi d'ogni tipo: della sicurezza alla viabilità, della sanità al decoro urbano (termine abbastanza ambiguo), fino a preoccuparsi del tempo libero dei cittadini. 
Ovviamente i comuni possono contribuire, in modo più o meno importante, ad offrire risposte sui temi sopraccitati. In alcuni casi hanno risorse economiche, funzionali e normative che consentono loro d’intervenire. In altri casi una municipalità può fare ben poco (soprattutto quelle più piccole), se non sensibilizzare e rassicurare i propri concittadini - che sarebbe giù un buon risultato - contribuendo a creare coesione sociale.
Vi sono quindi aspetti che coinvolgono gli enti locali in collaborazione con altri comuni (le famose Unioni) ed enti/aziende (Aziende Servizi alla Persona, Azienda USL, multihutility, ecc.) cui sono delegate funzioni gestionali: rifiuti, manutenzioni di vario tipo (stradali, illuminazione pubblica, sfalcio dell'erba, ecc), servizi alla persona e così via. A Sasso Marconi, ad esempio, la gestione della raccolta differenziata è stata assegnata alla società HERA Spa, partecipata da buona parte degli enti locali emiliano-romagnoli ma, al contempo, quotata alla borsa di Milano. Una situazione che spesso crea ambiguità e conflitti poiché quest’azienda ha funzione di produrre rendite verso i soci ma allo stesso tempo deve offrire un servizio ai cittadini ed ai comuni, che hanno la funzione sia di socio che di commettinza. Inoltre HERA, come altre multi-utility del settore, si muove in regime quasi monopolistico.
Tornando al ragionamento iniziale si nota come stia crescendo la diffidenza verso le istituzioni, in primis verso l’ente locale. Quest’avversione sembra coinvolgere le generazioni più giovani, quelle in età lavorativa, ovvero quelle nate e/o cresciute durante e dopo il declino delle ideologie. La sfiducia coinvolge anche coloro che, per ruolo nella comunità e livello d’istruzione, dovrebbero comprendere dove risiedono le varie responsabilità per quanto concernono gli aspetti che afferiscono un comune. Perchè vi sono responsabilità delle istituzioni (sia pubbliche che private) e responsabilità individuali.
Il rischio, qui come altrove, è che si sovraccarichino le responsabilità delle prime, mentre si tendono a sfumare - se non addirittura annullare - quelle del singolo. In definitiva, si tende sempre più a individuare capri espiatori e non ci si chiede – parafrasando il ragionamento di Gramsci inserito nell’incipit a questo post – cosa si può fare per migliorare lo stato delle cose. Anche, ad esempio, limitandosi a muove critiche efficaci e costruttive verso le istituzioni, si contribuirebbe a influenzare l'azione di chi governa, soprattutto nel locale, poichè l'input arriva al diretto interessato in modo più semplice e diretto. Ci sono vari esempi virtuosi al proposito: dalle campagne di sensibilizzazione contro l'uso dell'olio di palma oppure in merito l'introduzione e la diffusione della raccolta differenziata. Azioni che partono dal basso e trovano espressione concreta nei policy maker
Al contempo, chi ha funzioni di governo deve essere ricettivo rispetto le osservazioni e le richieste che fanno i cittadini. L'amministratore locale deve altresì saper comunicare e, al bisogno, educare la popolazione. 
A Sasso Marconi, in merito quest’ultimo aspetto, ci sono esempi virtuosi come l’elevata percentuale di raccolta differenziata (sebbene una parte di cittadinanza risulti perplessa e riottosa) e varie iniziative di solidarietàciò dovuto a una sensibilità particolare su questi temi da parte di ente locale, popolazione ed esercenti.
Vi sono però delle carenze, palesatesi in particolare negli ultimi anni. Il Comune sembra sempre più distaccato e poco incline a costruire nuove forme di dialogo e ascolto verso i cittadini. La situazione sembra cristallizzata: l'organizzazione delle consulte frazionali non è stata rimodulata come promesso in campagna elettorale dal sindaco, le nuove tecnologie - che potrebbero offrire risposte interessanti dal punto di vista della comunicazione - non vengono sviluppate (anche se ci si vanta d'essere la culla delle moderne telecomunicazioni) e gli amministratori locali sono scarsamente visibili.
In definitiva, il rilancio della comunità non può che passare da una (ri)presa di coscienza civica sia del singolo che del gruppo, a partire da quello di pari, che consenta di riavvicinarsi alla comunità - partendo dal diritto ad essere informato e ascoltato - e al contempo renda consapevoli che per il mantenimento e il miglioramento della qualità di vita è imprescindibile l'impegno di tutti impegno, senza il quale la comunità non può crescere. Anzi, come si evince dai recenti dati, il rischio è il decadimento delle comunità - dato che il problema è a livello per lo meno nazionale - poichè da più parti si notano cedimenti: pensiamo, ad esempio, al mondo del volontariato che fatica a recuperare nuove forze oppure alla già citata sostenibilità che solo attraverso la convinta adesione dei cittadini e delle categorie imprenditoriali e sociali può funzionare.

venerdì 4 marzo 2016

Procrastinata la riapertura della Coop di Sasso Marconi causa proteste degli umarell locali

Riporto quest'articolo dal periodico online LA GAZZETTA DEL RENO

Dopo la scongiurata cessione ai cinesi della locale coop, a Sasso Marconi non sembrano placarsi le polemiche e le preoccupazioni in merito il futuro del più grande supermercato locale.
Circa 15 giorni fa la Coop era stata chiusa per l'ampliamento dei locali, così nei giorni precedenti si era visto l'assalto all'ultimo carrello per fare incetta di scorte.
Nel corso di queste settimane il cantiere di via Amedani è stato meta di pellegrinaggio di numerosi umarell, scesi anche dalle valli circostanti, per osservare i lavori in corso e criticare - alla bisogna - gli operai impegnati a ristrutturare lo storico supermercato.
Gli umarell, a volte accompagnati da zdaure, hanno molto apprezzato i lavori e le nuove metodologie di costruzione del manufatto, tant'è che in questi giorni hanno avviato una dura protesta verso Coop Adriatica affinchè le attività non cessino ma proseguano ancora, almeno tutta la primavera, per consentire ai pensionati sassesi di passare il tempo libero in modo adeguato, visto che ormai da alcuni anni non si vedono cantieri in giro per il paese, nonostante le reiterate promesse dell'Amministrazione Comunale, la quale ha più volte affermato che a breve sarebbero partiti i lavori per il nuovo casello autostradale di Borgonuovo e il nuovo polo scolastico, che sarà realizzato appositamente vicino al Centro Anziani Casa dei campi per consentire agli umarell d'essere comodi al cantiere.
I pensionati, ormai stanchi di promesse vane, hanno deciso di riunirsi in assemblea presso il Centro Sociale e indire iniziative di sensibilizzazione, anche tramite azioni eclatanti: nella mattinata di mercoledì è stato bloccata la strada che porta a Ponte Albano e sono stati incendiati alcuni cassonetti, sputanti non si sa da dove visto che con l'annosa raccolta differenziata promossa dal sindaco non sono più presenti da anni nel territorio di Sasso Marconi. Giovedì, grazie all'aiuto di un anziano consigliere comunale coi baffi, è stato effettuato un volantinaggio a tappeto in cui è stato denunciato il degrado psicologico, morale, sociale, fisico e urbanistico di Sasso Marconi e si è interpellato il sindaco affinchè intervenga al più presto per ristabilire la calma tra la numerosa popolazione anziana. 
Nel mentre, per la giornata di sabato, è stata indetta una grande manifestazione, con partenza dal Centro Sociale Casa dei Campi, a cui hanno già aderito i principali centri sociali bolognesi (dal Labas all'ex TPO, passando per il Crash e gli anarchici dell'Atlantide).
Il sindaco Mazzetti, per placare gli animi, ha già chiesto un incontro coi rappresentanti degli anziani convocando i sindacati pensionati in municipio e creando un tavolo di crisi sul quale sono stati messi affettati e crescentine.
Pare infine che, in qualità di mediatore, sia stato chiamato il noto agitprop bolognese Danilo Masotti, il quale ha già affermato che, al proposito, farà un post su Facebook e un articolo sul Carlino Bologna. 
Per la comunità di Sasso Marconi è un'altra pesante tegola dopo la manifestazione dei profughi della scorsa estate.

lunedì 8 febbraio 2016

I dati socio-demografici mostrano la dura realtà italiana

Dove sta andando il nostro Paese? E' ben riposto l'ottimismo del premier Renzi? E lo scetticismo e la rabbia hanno senso oppure sono eccessive o magari indirizzate verso obiettivi errati?
Le considerazioni di seguito riportate sono suffragate da dati e link ad articoli (principalmente da Il Sole24Ore) e afferiscono precipuamente a indicatori socio-demografici. 
In queste settimane sono uscite alcune indagini che mostrano come nel 2015 in Italia siano decedute oltre 68.000 persone in più rispetto l'anno precedente. I ricercatori dell’Università di Milano Bicocca parlano di  un collasso demografico sempre più allarmante che si deve a 4 motivi:
- crollo della natalità
- aumento della mortalità
- drastico calo dell’immigrazione
- fuga all’estero dei giovani più qualificati
Innanzitutto c’è il crollo delle nascite, che già nel 2014 ci aveva fatto toccare il record negativo della peggior natalità dal 1861, anno dell’Unità d’Italia, anche se purtroppo è risaputo che il nostro Paese non ama i bambiniPoi c’è un ancora poco chiaro aumento dei decessi, sebbene l'ISTAT si sia affrettata a chiarire che è presto per affermare che sia così.Il nostro Paese non riesce più ad attrarre l’immigrazione, nemmeno quella poco qualificata, che pure aveva dato una mano al Paese sia sul fronte natalità che su quello lavoro (e quindi della tenuta del sistema previdenziale).Al contrario, l’Italia assiste impotente a una continua fuga all’estero di giovani qualificati. Nel 2014 vi sono stati oltre 100mila italiani emigrati oltreconfine, come risulta dai dati dell’Aire, l’Anagrafe italiana dei residenti all’estero.Tra i quattro nodi forse il peggiore è proprio quello della fuga di cervelli
Il demografo Gian Carlo Blangiardo, docente all’Università di Milano Bicocca ha calcolato che in media il compimento del percorso scolastico di uno studente italiano costa alle casse pubbliche (cioè a noi tutti) circa 100mila euro. Bene: questo studente, una volta laureato, non trovando soddisfazioni professionali in Italia se ne scappa in Germania, Gran Bretagna o Stati Uniti, e con le sue competenze crea valore in quelle economie (versando in quegli Stati esteri i suoi contributi previdenziali). Ecco che i 100mila euro italiani serviti a formare quel professionista italiano che non trova lavoro nel nostro Paese volano oltreconfine. Forse per sempre.Un capitolo a parte, inquietante, riguarda l’aumento dei decessi. «Obbedendo a logiche inattese e tuttora da approfondire, i decessi hanno subito una brusca impennata, tale da accreditare l’ipotesi di un altro record: quello della più alta crescita del numero di morti in un anno non perturbato da eventi bellici», spiegano i demografi dell'Università Bicocca. Dai bilanci demografici mensili forniti dall’Istat si rileva infatti come il totale dei morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 sia aumentato di 45mila unità rispetto agli stessi primi otto mesi del 2014. «La cosa non è affatto marginale se si pensa che ciò corrisponde a un aumento dell’11,3% e che, se confermato su base annua, porterebbe a 666mila morti nel 2015 contro i 598mila dello scorso anno», sottolinea il demografo. Che aggiunge: «per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918».
Se confermato, quello del 2015 sarebbe un triste primato in tempo di pace. Tali dati andrebbero sviscerati senza ricorrere alle solite categorie che siamo abituati a leggere sui social network, che non aiutano a identificare le cause e le possibili soluzioni, ma provando a comprendere, con l'aiuto della demografia, com'è possibile sia potuto accadere ciò e cosa si può fare per invertire una tendenza che, vista la situazione italiana, potrebbe protrarsi ancora a lungo, visti anche gli ultimi dati e le notizie di questi giorni.
Inoltre, nella situazione in cui ci troviamo, c'è il rischio di essere condannati a non invecchiare. O meglio a non diventare adulti. Una minaccia che, come hanno rammentato di recente Ezio Mauro (su La Repubblica) e Gustavo Zagrebelsky (in un saggio pubblicato da Einaudi), incombe sugli italiani. I due pensatori affermano che siamo abitanti di un Paese che non c'è. In un tempo che non c'è. Per questo dovremmo fare appello alla demografia. Leggerne le indicazioni e gli ammonimenti. Ma per non estinguerci, per non finire ai margini, dovremmo davvero chiudere le frontiere. Verso Nord. Per impedire ai nostri giovani di andarsene altrove. E di lasciarci "a casa nostra". Sempre più vecchi. Sempre più soli. Sempre più incazzati. Con gli altri. Ma, in realtà: con noi stessi.