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martedì 27 marzo 2018

Valorizzare i prodotti locali. A Sasso Marconi andrebbe istituita la Denominazione Origine Comunale

Oltre ai tradizionali marchi di qualità Ue per cibi e bevande (Dop, Igp, Stg) in Italia abbiamo un altro marchio di riconoscimento, meno noto: De.Co. (Denominazione Comunale d’origine). 
Di che si tratta? Le Denominazioni Comunali D'Origine (De.C.O.) sono marchi di garanzia nati in seguito alla legge nº 142 dell'8 giugno 1990, che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare, nell'ambito dei principi sul decentramento amministrativo, in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali.
La Denominazione Comunale d’origine (a differenza dei marchi Dop, Igp e Stg) non è un marchio di qualità. È un’attestazione comunale, un certificato notarile che viene approvato a seguito di delibera comunale e contrassegnato dal sindaco, e che attesta che un determinato prodotto è un prodotto tipico e caratteristico di quel territorio comunale, e ha un valore identitario forte per quella comunità.
La "Denominazione comunale" fu una intuizione del noto enogastronomo e giornalista Luigi Veronelli (1926-2004) che, alla fine degli anni '90, iniziò un nuovo percorso di valorizzazione e promozione di quelle produzioni di nicchia, esclusive di un comprensorio comunale, che non avrebbero potuto ottenere i blasonati marchi di tipicità citati sopra. Veronelli sosteneva che "per restituire ai cittadini, agli abitanti dei comuni il loro patrimonio, il frutto della fatica di tanti anni, io vorrei che i sindaci si facessero attivi per un "certificato di origine" di ciascuno dei prodotti che nasce e che è confezionato nella loro terra".
La De.c.o. è attualmente un percorso di sviluppo integrato e marketing territoriale che ogni Comune può intraprendere per valorizzare quei prodotti, agroalimentari o artigianali, locali e caratteristici realizzati all'interno dei confini comunali. 
La De.c.o. si concretizza nel marchio che viene attribuito ad un determinato prodotto previa approvazione, da parte del Consiglio comunale, di un'apposita delibera che sancisce e regola l'attribuzione del marchio stesso, la gestione dell'uso del medesimo e la caratterizzazione del prodotto tramite un apposito Regolamento, nonché specifici disciplinari, registro comunale dei produttori che quali hanno le caratteristiche per realizzare e commercializzare i prodotti a marchio De.c.o.
Il certificato De.Co. può essere rilasciato a un prodotto alimentare o a una ricetta, ma anche a un prodotto dell’artigianato locale, a una festa, una fiera, una sagra, o una certa pratica (per esempio una tecnica di coltivazione, di allevamento o di pesca).
Una novità che il Comune di Sasso Marconi dovrebbe fare propria date le numerose eccellenze che caratterizzano il nostro territorio. Ciò potrebbe rivestire grandi potenzialità  d'indotto. Non semplicemente un’etichetta da applicare ad un prodotto, ma un percorso di promozione. 
Pensiamo, ad esempio, al rapporto tra Sasso Marconi e il tartufo. L’associazione dei tartufai con il suo lavoro e le sagre (quella tradizionale autunnale e quella nuova di giugno) hanno dato il vero gusto di questo prodotto della terra alla gente. E' vero che la Tartufesta è già inserite in un contesto territoriale più ampio ma dare una connotazione con significativo imprinting locale a questo come altri prodotti, è sicuramente utile per valorizzare il lavoro della filiera locale e delle associazioni che operano nel territorio sassese.
In conclusione la Denominazione Comunale d'Origine può rappresentare la nuova frontiera su cui potrebbe agire l'Amministrazione Locale per salvaguardare l'identità del nostro territorio. Essa è già stata adottata da oltre 400 comuni italiani per tutelare e valorizzare in primis la produzione tipica del mondo agricolo, ma anche i piatti della tradizione e alcuni prodotti artigianali di eccellenza. Si tratta di un sistema che vuole difendere il locale rispetto al fenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e sapori.

lunedì 1 maggio 2017

Che fatica fare satira

La satira costituisce la più graffiante delle manifestazioni artistiche. Basata su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e paradosso, verte preferibilmente su temi di attualità, scegliendo come bersaglio privilegiato i potenti di turno. Anzi, più in alto si colloca il destinatario del messaggio satirico, maggiore è l’interesse manifestato dal pubblico. Quella politica, infatti, è di gran lunga il tipo di satira che raccoglie maggiore interesse e consenso tra i cittadini.
Essendo una forma d’arte, il diritto di satira trova riconoscimento nell’Articolo 33 della Costituzione, che sancisce la libertà dell’arte. Ma è una forma d’arte particolare. Il contenuto tipico del messaggio satirico è lo sbeffeggiamento del suo destinatario. La satira mette alla berlina il personaggio al di sopra di tutti, l’intoccabile per definizione. Esalta i difetti dell’uomo pubblico ponendolo sullo stesso piano dell’uomo medio. Da questo punto di vista, la satira è un formidabile veicolo di democrazia, perché diventa applicazione del principio di uguaglianza. Non a caso è tollerata persino nei sistemi autoritari, fortemente motivati a mostrare il volto “umano” del regime.

Nell’enciclopedia Treccani per “Satira "si intende la ”Composizione poetica che rivela e colpisce con lo scherno o con il ridicolo concezioni, passioni, modi di vita e atteggiamenti comuni a tutta l’umanità o caratteristici di una categoria di persone o anche di un solo individuo”. 

Il dizionario Garzanti ci fornisce invece questa descrizione: “genere letterario che ritrae con intenti critici e morali personaggi e ambienti della realtà e dell’attualità, in toni che vanno dalla pacata ironia alla denuncia, all’invettiva più acre”. 

Dall’attentato al giornale satirico francese Charlie Hebdo spesso e volentieri è capitato di imbattersi in definizioni arbitrarie di satira, mistificandone anche il ruolo: nel descriverla, comune a molte persone è l’utilizzo del termine “sottile”. Molti reputano che questa debba unicamente essere “sottile”, cioè debba provocare il riso e la denuncia sociale attraverso una non meglio precisata eleganza e uno stile che non debba mai cedere al volgare o alla sfrontatezza. 

La teoria largamente diffusa quindi, secondo la quale la satira non può essere sporca, brutta e cattiva, contrasta con la sua definizione immanente. La satira può essere sottile, così come può anche essere sprezzante, sconcia e pesante.

Il timore più grande che si nutre attorno al riconoscimento di un’incondizionata libertà di satira è che dietro di essa si possano in realtà celare le più ributtanti e feroci ingiurie contro la persona, tutt’altro che innocue e gioconde, lesive della dignità e della reputazione altrui. La giurisprudenza è sovente intervenuta in merito al sottile, evanescente confine tra satira e diffamazione. I suoi contributi sono così numerosi che l’argomento meriterebbe una trattazione esclusiva e da chi è più esperto del sottoscritto per essere esaustivi.

Il gradimento e il margine di “tollerabilità” della satira variano da persona a persona, pensare quindi che ci siano dei limiti assoluti, invalicabili della stessa significa commettere un errore di valutazione. In molti (compreso lo scrivente) hanno manifestato profondo disprezzo per la vignetta di Charlie Hebdo su Amatrice perché quest’ultima utilizzava un argomento tabù, la morte, per provocare il riso. 

Si può fare satira su tutto e su tutti, anche sulle vittime, purché il bersaglio non siano loro. Così come non è satira una battuta su un gay che si suicida a causa di bullismo nei suoi confronti. Qui però mi pongo una domanda a cui non ho trovato ancora una risposta: chi è considerato vittima dalla società? Se nell'infelice battuta del periodico francese Chiarlie Hebdo sui morti di Amatrice non sorgono dubbi a riguardo, per altre categorie di soggetti il problema si pone eccome. E’ vittima il gay, la donna, il nero, l’immigrato quando su di essi si fa satira, in assenza di particolari soprusi su di essi? Tutte categorie in un certo qual modo tutelate maggiormente dalla società contemporanea, tutte categorie ove la satira, nella maggior parte dei casi produce solo un suo accorato rigetto da parte dei più. Perché, per esempio,il ragazzo credente che si offende per la satira sulla sua religione è tacciato di bigottismo, mentre il ragazzo che fa satira sui gay deve esser considerato necessariamente un omofobo (che magari non è, anzi, magari li difende)?
Insomma a volte la satira fa schifo, fa vomitare, ci fa piangere di rabbia come nel caso di Charlie Hebdo sul terremoto ad Amatrice. Abbiamo la libertà di leggerla, perché chi l'ha fatta ha avuto la libertà di produrla e di pubblicarla. Abbiamo la libertà di non leggerla o di insultarla ma - purtroppo - questo non ci riporterà indietro le quasi trecento vittime. Non poterla leggere significherebbe essere sotto uno stato fascista, non libero, dominato da dittatori, che siano essi solamente politici o a sfondo religioso. E questa doppia libertà, di creare e di criticare è alla base di quello che siamo oggi. E allora non è la satira, bellezza. È la democrazia, bellezza. E se non l'accettiamo allora che si torni alle marcette del sabato mattina.

venerdì 23 settembre 2016

Elogio alle crescentine di Sasso Marconi (e alcune considerazioni sulla valorizzazione dei prodotti tipici)

Cesto di crescentine prodotte da una zdaura di Sasso Marconi
Quanto penso al comune in cui vivo la prima cosa è: Qualità di vita (e anche costo della vita). Subito dopo: le crescentine. Perchè, sebbene molti non se ne rendano conto, il territorio di Sasso Marconi si fonda sulle crescentine fritte. Chiariamo per i 'forestieri': le crescentine sono un piatto tipico dell’Emilia-Romagna che, a seconda della zona, cambia nome in gnocco fritto, torta fritta,  pizza fritta, pinzini. L'impasto delle crescentine è simile a quello del pane (anche se vi sono variabili date dalle tradizioni locali e familiari) che viene tirato con il mattarello, tagliato a losanghe e fritto. Si accompagna a salumi, formaggi molli e marmellate. Ma ci può stare anche la Nutella.
La tradizione vuole che le crescentine si friggano nello strutto. Questo tipo di fritto, se ben fatto, non è pesante, anzi le crescentine diventano anche meno unte rispetto al classico olio di semi o di palma. 
Lo stand dell'Antico Mondo nella piazzetta del mercato
A Sasso Marconi le crescentine sono un must, il cibo di strada (oggi declinato nel più anglofono: street food) che non manca mai, quando ci sono feste o una sagre, grazie all'impegno d'associazioni come Antico Mondo Contadino, Mieti & Trebbia e al giovane imprenditore locale Lorenzo Biagioni con lo stand Le crescentine di Biagio
Le crescentine, ovviamente, si trovano anche nei forni, nelle rosticcerie, nei ristoranti e negli agriturismo del territorio. Ognuno le declina a proprio modo: peculiarità nella ricetta, dimensioni (piccole come una noce, grandi quasi come la federa di un cuscino), tipo di cottura (olio o strutto). Molto spesso sono buone, anche se in qualche rara occasione - forse per la fretta, forse per risparmiare - ci si trova ad addentare qualcosa che solo vagamente ricorda le crescentine.
Tante zdaure locali preparano questo cibo in casa. L'unica controindicazione afferisce l'odore di fritto che si genera durante la cottura, tant'è che per molte signore è usuale cuocerle all'aperto per evitare d'impestare la casa.
Un momento della cottura delle crescentine di Biagio
A Sasso Marconi, sebbene le crescentine riscuotano sempre successo, servirebbe maggiore attenzione nei confronti di questa pietanza, data la bontà, la sua diffusione capillare e la tipicità. Senza nulla togliere al tartufo, ai funghi o alle ciliegie - che hanno spazi e momenti a loro dedicati - vi sono anche altri prodotti, come crescentine e vino, che meriterebbero maggiore visibilità e considerazione. 
La capacità di valorizzazione dei numerosi prodotti tipici locali può rappresentare "un elemento decisivo per lo sviluppo e il rilancio del territorio sassese, in considerazione delle importanti ricadute economiche, sociali e turistiche che esso può produrre. Attraverso la valorizzazione delle tipicità, infatti, la funzione meramente produttiva delle attività agricole e commerciali viene integrata da nuove e diverse funzioni, tra cui la tutela dell’ambiente e del territorio, la conservazione della cultura e delle tradizioni rurali, creando e ampliando spazi e luoghi interessati da nuove dinamiche di tipo economico e sociale" (cit.). 
Zdaura di Batedizzo
prepara le crescentine in garage
Nella nostra regione (incluso il territorio di Sasso Marconi) negli ultimi anni si è assistito ad una "proliferazione d'iniziative volte ad affiancare alla produzione agricola quella dei servizi (turistici, ricreativi, educativi, sociali, ecc.), anche allo scopo d'intercettare e soddisfare nuovi segmenti di consumatori interessati alla fruizione dei prodotti agricoli nei territori di produzione al fine di “immergersi” nella cultura dei luoghi e di vivere le esperienze di consumo come occasioni di arricchimento culturale e sociale" (cit.).
Al contempo, "l'affermarsi di un modello di produzione e di consumo non di massa ha rafforzato e fatto emergere l'interesse per i prodotti agro-alimentari tradizionali e tipici", dando luogo altresì al fenomeno definito da alcuni studiosi di ristrutturazione rurale: pensiamo, ad esempio, ai numerosi agriturismi che punteggiano il nostro territorio per rispondere a una nuova multifunzionalità che caratterizza le attività agricole e ricettive. 
Se le istituzioni locali, in collaborazione con il tessuto imprenditoriale e il mondo dell'associazionismo, operassero in modo ancora più incisivo e convinto per la valorizzazione e la promozione della qualità dei prodotti tipici - dai funghi al vino passando per le pietanze tipiche - mettendo ancora più al centro dell’attenzione quanto di buono si crea e si trasforma sul territorio, "si avrebbero sicuri vantaggi, non solo dagli operatori economici ma anche per le amministrazioni pubbliche le quali avrebbero un elemento centrale su cui basare una strategia complessiva di sviluppo locale che prevede anche la salvaguardia culturale delle tradizioni produttive" (cit.). 

RICETTA delle CRESCENTINE
Ingredienti
  • 500 g di farina 0
  • 50 g di strutto
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • 10 g di sale fino
  • latte tiepido q.b.
  • 1 kg di strutto per friggere
Procedimento
Disponete la farina a fontana e inserite al centro lo strutto sciolto, il bicarbonato, il sale e un po’ di latte. Iniziate ad impastare aggiungendo latte a sufficienza per ottenere un impasto liscio e abbastanza sostenuto.
Fate una palla e mettetela a riposare in una ciotola coperta da un burazzo/canovaccio per mezzora. Con il mattarello tirate una sfoglia sottile (3 mm) e tagliatela a rombi di 6/7 cm di lunghezza.
In una padella abbastanza larga fate sciogliere lo strutto (o fate scaldare l’olio) e friggete un alcuni rombi alla volta 1 minuto per lato (devono essere leggermente dorati). Noterete che l’impasto a contatto con lo strutto si gonfia formando delle bolle e viene subito in superficie.
Adagiate le crescentine in un vassoio con carta assorbente e servitele calde accompagnate da affettati (ci stanno bene tutti, dal prosciutto crudo alla coppa di testa, passando per la mortadella e i ciccioli), formaggi molli (squacquerone, stracchino), marmellate e pure la Nutella. Ciò rende le crescentine un prodotto adatto dall'antipasto al dolce.

mercoledì 14 settembre 2016

A Bologna c'era un palazzo di gelato

Una volta, a Bologna, fecero un palazzo di gelato proprio sulla Piazza Maggiore, e i bambini venivano di lontano a dargli una leccatina.
Il tettto era di panna montanta, il fumo dei comignoli di zucchero filato, i comignoli di frutta candita. Tutto il resto era di gelato: le porte di gelato, i muri di gelato, i mobili di gelato.
Un bambino piccolissimo si era attaccato a un tavolo e gli leccò le zampe una per una, fin che il tavolo gli crollò addosso con tutti i piatti, e i piatti erano di gelato al cioccolato, il più buono.
Una guardia del Comune, a un certo punto, si accorse che una finestra si scioglieva. I vetri erano di gelato alla fragola, e si squagliavano in rivoletti rosa.
“Presto”, gridò la guardia, “più presto ancora!”
E giù tutti a leccare più presto, per non lasciar andare perduta una sola goccia di quel capolavoro.
“Una poltrona!” implorava una vecchiettina, che non riusciva a farsi largo tra la folla, “una poltrona per una povera vecchia. Chi me la porta? Coi braccioli, se è possibile”.
Un generoso pompiere corse a prenderle una poltrona di gelato alla crema e pistacchio, e la povera vecchietta, tutta beata, cominciò a leccarla proprio dai braccioli.
Fu un gran giorno, quello, e per ordine dei dottori nessuno ebbe il mal di pancia.
Ancora adesso, quando i bambini chiedono un altro gelato, i genitori sospirano: “Eh già, per te ce ne vorrebbe un palazzo intero, come quello di Bologna”.

Tratto da "Favole al telefono", Gianni Rodari, 1962

lunedì 12 settembre 2016

Fira di Sdaz di Pontecchio Marconi ovvero "una grande festa popolare, un momento d'aggregazione irrinunciabile per grandi e piccini, un'occasione per conoscere le tradizioni enogastronomiche dell'appennino, un rituale vivace in cui mescolano colori, suoni, sapori della cultura contadina". 
Ho preso in prestito le azzeccate parole di Silverio Ventura, presidente dell'Associazione Fiera di Pontecchio, poichè mi sembrano la chiosa ideale per descrivere, soprattutto con le immagini a corredo di questo post, quella che a ragione può essere definitiva la quintessenza della storia locale. Se si desidera conoscere questo territorio, chiuso tra gli Appennini e la città di Bologna, una gita alla Fira di Sdaz è d'obbligo. La kermesse si tiene da sempre a cavallo dell'8 settembre e, nei sui 343 anni di storia, non è mai accaduto che sia stata sospesa, neppure durante i tempi bui del secondo conflitto mondiale. Quest'anno l'apertura si è tenuta proprio l'8 settembre, puntale, ad animare il borgo e la corte del cinquecentesco Palazzo de’ Rossi, a Pontecchio. 
Passano gli anni ma la Fiera di Pontecchio conserva intatto un fascino che ci riporta indietro nel tempo, alle tradizioni popolari e alle origini contadine delle genti di Sasso Marconi. 
Prendendo ancora a prestito le parole di Ventura, egli descrive come si sia evoluta negli anni la Fiera: "Una volta andare alla Fira di Sdaz era l’occasione per approvvigionarsi di utensili per la vendemmia, festeggiare il raccolto, acquistare il bestiame e vendere i propri prodotti. Da allora tante cose sono cambiate, ma la manifestazione continua ad essere un importante momento di aggregazione per la gente del luogo e per tanti visitatori (record di presenze: 35.000 nel 2014) e un’occasione per immergersi tra i colori, i suoni e i sapori della cultura contadina, proprio come un tempo".
Anche quest'anno la Fiera si è aperta nel rispetto della tradizione più autentica giovedì 8 settembre, quando Palazzo de’ Rossi ha assunto le sembianze di un borgo rinascimentale ospitando una rievocazione storica in costume con tanto di cena medioevale a lume di candela nel suggestivo contesto del borgo rischiarato dalle torce e popolato da nobildonne, gentiluomini e gente del contado: un’occasione unica per calarsi nell’atmosfera del ‘600, quando la Fiera muoveva i primi passi proprio qui, a Pontecchio, secondo un copione destinato a riproporsi nei secoli.
Nel corso dei 4 giorni sono stati ospitati nell'area artisti, artigiani, bancarelle con prodotti per la casa, il giardino, la cantina e i caratteristici setacci (gli“sdaz”), assaggi golosi di prodotti locali, curiosità e intrattenimento dal mattino a tarda sera. 
La 343ª Fìra di Sdaz ha proposto alcune novità, tra cui uno spazio tematico dedicato allo street food e una birreria con ristoro aperta dal mattino a notte fonda, abbinata ad un’area ristorante (gestito da volontari dell'associazione fiera di Pontecchio) da 350 posti, con nuovi sapori e prodotti tipici.
Tra le novità dell’edizione 2016 c’è stato il concorso a premi “Fornai per un giorno”, che ha premiato le migliori pagnotte preparate con la farina integrale Colle Ameno. Questa farina è un prodotto naturale a Km 0, ricavato da grano antico tenero "Verna". Un'esperienza significativa promossa dal gruppo25aprile*, con la partecipazione di vari sodalizi locali.
Molto belle, interessanti e anche coinvolgenti le iniziative relative la Fattoria, all’interno dell’Area Agricola, dove sono stati riproposti gli antichi mestieri contadini, gli animali domestici, i banchi dei produttori agricoli e le esibizioni dei campanari dell'Associazione Beata Vergine di San Luca. 
Numerosi gli spazi dedicati alle associazioni con il Circolo Filatelico G. Marconi e Gruppo di Studi Progetto 10 Righe (impegnate in promozione e conservazione della storia locale), gli Arceri della Rupe, il Sasso Marconi Calcio, la scuola materna Grimaldi. Senza contare i volontari del C.S.P. Pontecchio che gestivano il parcheggio della Fiera per aiutare a finanziare le attività della loro polisportiva.
Il 10 settembre si è tenuta la Pedalata dell’antica Fiera, con gare di e-bike e mountain-bike a coppie in staffetta, a cura dell’MTB “La Rupe”. 

Infine la domenica c'è stato il grande raduno (l'ottavo) di trattori Tractor Sdaz che ha chiuso la manifestazione con prove di aratura, dimostrazione di trebbiatura del grano, giochi contadini nell’aia e il concorso di bellezza Miss Tractor Sdaz.

*: nel bando 2015 dell’Istituto per i Beni Culturali dell’Emilia Romagna Giovani per il Territorio, che ha visto tra i vincitori il gruppo25aprile di Sasso Marconi con il progetto “Colle Ameno: le radici di un futuro”, finalizzato a valorizzare Colle Ameno facendo conoscere i principali aspetti di interesse nella storia di questo luogo. Il progetto è dedicato all’attività di panificazione esistita nel ‘700 a Colle Ameno dove, tra le tante attività artigianali, artistiche e commerciali del Borgo, c’era un negozio di granaglie attrezzato con un forno per la cottura del pane (bianco e nero). L’obiettivo era quello di far conoscere questa antica attività e renderla nuovamente attuale nel rispetto della lavorazione di un tempo. Ecco allora che nell’autunno scorso, presso il fondo di Cà del Bosco, la Cooperativa Sociale “Copaps” ha seminato un grano antico, il “Verna”. Dopo la mietitura avvenuta un paio di mesi fa, il grano è stato macinato a pietra dal Mulino Ferri di Borgonuovo. E’ nata così la farina integrale Colle Ameno: un prodotto di buona qualità, ricavato da grano coltivato biologicamente sul territorio di Sasso Marconi.

mercoledì 31 agosto 2016

Una Mollica buona buona

L'ingresso del forno
Sasso Marconi è incluso in quel territorio - l'Emilia-Romagna - rinomato per avere la cucina migliore al mondo. Questo sia per la qualità di ciò che si produce (carne, formaggi, verdura, frutta), sia per la capacità di trasformare ciò che la natura offre. Sasso Marconi, come rilanciato più volte in questo blog, è una cittadina dove abbondano - sia tra i privati, sia in ambito ristorativo - amore e dedizione per il cibo e la buona tavola: è sufficiente avere una zdaura a cui rivolgersi e s'avrà modo d'assaggiare prelibatezze tipiche (tortellini, passatelli, arrosti, ecc.) che difficilmente potreste trovare anche in ristoranti di qualità. Sasso Marconi ospita sul suo territorio numerosi agriturismi e ristoranti, molti di pregio e uno in particolare (il Ristorante Marconi di Aurora e Massimo Mazzucchelli) riconosciuto come vera eccellenza gastronomica, non solo a livello locale ma nazionale. I Fratelli Mazzucchelli con il preziosissimo contributo di Francesca Zagato (che si occupa della preparazione del pane e dei lievitati) alcune settimane fa hanno aperto Mollica, un innovativo progetto in grado di coniugare tradizionale e contemporaneo, dando vita ad un'offerta che non ha eguali nella valle del Reno e non solo. Definirlo forno è sicuramente riduttivo, ma anche caffetteria, wine bar, pizzeria o pasticceria non rendono l'idea. Mollica è un mix di stili, inseriti in un ambiente caldo e accogliente, che offre pane, colazioni e pizze di elevatissima qualità.
Chi mi conosce sa della mia passione per farinacei e affini per cui non potevo non provare questo nuovo locale a pochi passi da casa (circa 3 km dal centro di Sasso Marconi in direzione Casalecchio). In questi ultimi scampoli d'estate, io e la mia signora, abbiamo eletto Mollica come nostro luogo ideale per la colazione prima di recarci al lavoro.
Pan dolce con farcitura di crema pasticcera
cappuccino e caffè (torrefazione Lelli)
Il forno visto dall'interno
Abbiamo così scoperto che Mollica ha un menù flessibile e in grado di soddisfare sia i golosi - come il sottoscritto - che coloro che cercano bontà ma anche leggerezza e salubrità. Pane e derivati essendo preparati con farine di ottima qualità e lievito madre non gonfiano, nè appesantiscono, lasciando però il giusto senso di sazietà. Inoltre, per chi si reca a colazione, vi sono proposte particolari che non si trovano nelle tradizionali caffetterie o pasticcerie, ad esempio: pane burro e marmellata (di fichi o al gelsomino) oppure, per coloro che gradiscono il salato, panini al grana farciti sul momento con ottimo prosciutto cotto. Una menzione speciale per le creme che farciscono i pan dolci: delicate, freschissime, talvolta arricchite con particolari fragranze (ad esempio al cardamomo).
Cappuccino e panino con gocce di cioccolato farcito con crema al cioccolato
Insomma, ciò che scrivono i fratelli Mazzuchelli sul sito web della loro bakery corrisponde a quanto realmente potrete apprezzare recandovi al locale di via Porrettana: "Al mattino potrete gustare una fetta di torta o una crostatina da infilare nel cestino della merenda di vostro figlio o prendere un caffè per caricarvi prima di iniziare la giornata". E anche i prezzi - aggiungo  io che ormai me ne intendo (in qualità d'assiduo utente) di forni, caffetterie e pasticcerie - non sono più elevati di altri locali, anzi per dirla tutta alcuni prodotti hanno prezzi più bassi. 
Fette di pan brioches accompagnate da burro e marmellata ai fichi
Particolare del banco dei prodotti per la colazione
Pizza e Focaccia
Mollica non è solo un luogo per amene colazioni poichè già all'apertura (alle 7 di mattina) trovate sul banco dei lievitati  (ovviamente con pasta madre) pane fresco appena sfornato di varie tipologie: dal comune all'integrale, passando per pani speciali come quello alle carrube. Non mancano pizza e focacce, quest'ultima veramente notevole per fragranza e leggerezza.
Alcune tipologie di pane presenti sul banco dei lievitati
Nel pomeriggio, ad orario di aperitivo, si possono assaggiare - accompagnate con una buona birra artigianale o un calice di vino - altre prelibatezze salate.

Dalle 19 si può gustare la pizza da asporto o da consumare in uno dei (per la verità pochi ) tavoli all'interno del locale. 
La pizza è qualcosa di veramente notevole. Se pani, focaccia e colazione sono ad un livello ottimo, per quanto riguarda la pizza tonda del Forno Mollica è possibile affermare che difficilmente avrete modo di provarne d'eguali. Tecnica e materie prime, dalle farine per gli impasti, agli ingredienti per i condimenti, spingendosi poi a toccare tutti gli altri prodotti che compongono il variegato panorama delle farciture. Abbiamo provato due pizze, una bianca (stracciatella e prosciutto cotto al forno) e l'altra classica (pomodoro e mozzarella con farcitura alle melanzane). 
Le abbiamo accompagnate con Chinotto Paoletti ma per i più esigenti c'è una selezione di vini e birre artigianali notevoli. 

Mini crema bruciata al limone e vaniglia. Un piccolo dessert per chiudere in dolcezza la serata

giovedì 4 agosto 2016

Bologna d'agosto

Nel mese d'agosto, con la chiusura dell'Università, di molte fabbriche, d'uffici e attività commerciali, Bologna tende a svuotarsi.
In questo periodo dell'anno la città risplende d'una luce nuova e - a mio parare - risulta molto più vivibile. Sicuramente è più tranquilla.
E' bello passeggiare nelle vie del centro storico, fare un bagno di sole nelle sue piazze e poi trovare ristoro all'ombra dei portici dove s'infila il vento a rendere più piacevole le passeggiate.
Agosto, se non si hanno pretese di shopping e mangiare nei numerosi ristorante che affollano il centro, è il mese ideale per scoprire la città e viverla in modo diverso dagli altri 11 mesi dell'anno.
Basilica di San Petronio
Via Orefici
Piazza Maggiore
Via Zamboni vista dal portico del Teatro Comunale
Sempre via Zamboni
Portico del Pavaglione
Piazza VIII Agosto

giovedì 16 giugno 2016

Spunti per una gita di due giorni a Bologna

Bologna oltre che essere "una regola", come sostiene Luca Carboni, è diventata ormai una delle città italiane più visitate.
L'interesse verso il capoluogo dell'Emilia-Romagna nasce per vari motivi, al di là dell'intrinseca bellezza della città: il cibo, siti storici e architettonici notevoli, mostre di pregio (la prima è stata quella su Vermeer e i fiamminghi ma ogni anno se ne tengono numerose), inoltre sono in corso sinergie con altre realtà del territorio emiliano-romagnolo che, nelle sue principali città, offre bellissimi spunti di viaggio: Ferrara, Ravenna, Parma, la riviera romagnola, ecc. Poi, ultimo ma non ultimo, l'aeroporto di Bologna che in questi anni è diventato una delle basi più importanti di compagnie low cost, in primis RyanAirQuesti aspetti hanno permesso di rendere bologna sempre più appetibile per i turisti, in particolare coloro che desiderano conoscere una città e i suoi dintorni nel corso di pochi giorni, ad esempio un weekend. E Bologna si presta benissimo a questo tipo di vacanze brevi.

VIAGGIO e ALLOGGIO
  • Bologna è lo snodo viario tra nord e sud Italia: da qui passano le principali arterie autostradali e ferroviarie del paese. E' presente il già citato aeroporto dedicato a Guglielmo Marconi dal quale ogni anno transitano milioni di passeggeri. Quindi, per arrivare a Bologna, non c'è che l'imbarazzo della scelta. Ad esempio, se si viene in treno usando l'Alta Velocità, essa dista 30 minuti da Firenze, 60 da Milano e circa due ore da Roma. Ora, se si proviene dal centro e sud Italia è più facile percorrere l'autostrada A1, dopo l'apertura della variante di valico tra Barberino e Sassso Marconi, che collega più volocem
  • Per pernottare a Bologna non c'è che l'imbarazzo della scelta: hotel, bed & Breakfast, agriturismi se ci si sposta in provincia, pure il campeggio. Gli alberghi, va detto, sono un pò costosi, ma negli ultimi anni si stanno sviluppando - soprattutto grazie a piattaforme come Airbnb - opportunità di soggiorno a prezzi più contenuti ma comunque di pregio.
  • Il cibo a Bologna è un must! La gente viene a Bologna da tutto il mondo principalmente per guastare le sue prelibatezze. E i bolognesi (autoctoni e d'importazione) l'hanno ben compreso, così stanno fiorendo attività commerciali legate l'alimentazione ed il cibo in modo considerevole. Non tutte sono di pregio, ma sempre più si sta operando per offrire qualità e stile: dal mercato di mezzo al mercato delle erbe, passando per le storiche salumerie e gastronomie sparse per il centro città, fino ad arrivare ai laboratori di pasta fresca. Questi ultimi - per lo meno i migliori - situati in periferia della città e nell'hinterland: Casalecchio, San Lazzaro di Savena, Sasso Marconi, Castelmaggiore.
Di seguito alcuni suggerimenti su cosa vedere e fare a Bologna nel corso di un fine settimana. Tra l'altro il sabato e la domenica (oltre che nei festivi) la zona T - comprendente via Rizzoli, via Ugo Bassi e la parte terminale di via Indipendenza che sfocia tra le due strade sopraccitate - viene chiusa al traffico veicolare, rendendo così molto più vivibile il centro storico. Una scelta molto apprezzata dai turisti.

SABATO
  • Arrivati in città, prendendo come punto d'avvio del percorso la stazione dei treni, si percorre via Indipendenza (bella ma ormai una sorta di centro commerciale a cielo aperto) principale via d'accesso al centro storico. La si percorre tutta, fino a piazza Re Enzo, dove si trova la fontana sormontata dalla statua del Nettuno, quindi si entra in piazza maggiore dove si trova la basilica di San Petronio con i portali di Jacopo della Quercia e con il suo grande interno gotico: Cappella Bolognini (a pagamento) con affreschi di Giovanni da Modena (famoso il quadro con la rappresentazione di Maometto all'inferno). Passando sul retro della basilica, da piazza Galvani si può salire sul terrazzo (a pagamento) e godersi una splendida vista della città.
  • Uscendo dalla Basilica, e tenendo San Petronio di fronte a sè, si svolta a sinistra per un immancabile giro per le strade che compongono il quadrilatero dei mercati (via Pescherie vecchie, via Drapperie, via Clavature) col colore delle botteghe tipiche e il Mercato di Mezzo, 
    per mangiare in modo informale. Questo luogo ospita numerose eccelnenze del territorio: dal forno Calzolari di Monghidoro alla carne della macelleria Zivieri (presso il banco RoManzo) di Monzuno, arrivando alle paste di Gino Fabbri presso la pasticceria gestita dalla Granarolo. Attenzione all'orario in cui ci andate poichè dopo le 12:30 c'è spesso troppa gente per godersi questo spazio e fermarsi a pranzo nei tavoli al centro del grande salone.
  • Superata la zona del Quadrilatero e attraversata via Castiglione, si passa davanti al bellissimo palazzo della Mercanzia (sede della Camera di Commercio felsinea) e ci si immette in via Santo Stefano (la parte pedonale), si arriva di fronte al complesso di Santo Stefano (la Santa Gerusalemme bolognese): uno degli scorci più belli di Bologna, sia per la piazza omonima, sia per le 7 chiese, di epoche diverse, ospitate in questa poliedrica struttura.
  • Proseguendo nel giro, ci si può recare in via Oberdan per un caffè da Terzi quindi, riprendendo via Oberdan, proseguire verso via Righi, poi svoltare a destra ed entrare in via Piella (parallela via Indipendenza nella quale c'è una finestrella con affaccio sul canale delle Moline, esempio dell'intreccio dei torrenti appenninici che creavano energia per le manifatture tessili preindustriali.
piazza Santo Stefano e la basilica

  • Palazzo Pepoli in via Castiglione sede della fondazione Genius Bononiae. Attualmente, in questo palazzo, sono in corso due mostre: la prima sulla "Street art" denominata 'Bansky & Co' (aperta fino al 26 giugno), la seconda Barbie: la famosa bambola americana, icona di generazioni di bambine.
  • Proseguendo in un tour delle chiese, mi permetto di suggerire le seguenti: S. Maria della Vita (a pagamento) con Compianto di Nicolò dell'Arca e museo della medicina e dell'assistenza; Basilica di S. Domenico (arche dei glossatori all'esterno) all'interno tomba di S. Domenico di Nicolò dell'Arca e Michelangelo, affreschi di Guido Reni; Basilica di S. Francesco (esterno arche dei glossatori) imponente interno gotico. Notevole sul l'altar maggiore ancona marmorea dei fratelli Dalle Masegne.
  • Per quanto riguarda la sera, ed in particolare la cena, si consiglia un salto al rinnovato mercato delle erbe: di giorno un vivacissimo mercato, di sera luogo ideale per aperitivi, ristorazione e per stare in compagnia in modo informale. Il Mercato delle Erbe rappresenta il cuore originario del centro cittadino, un luogo dove, oltre che al commercio, si può scoprire la continuità della storia di Bologna strettamente legata alla gastronomia, al cibo e alla tradizione. Immersi in aromi di ogni genere si possono ammirare i commercianti indaffarati con clienti di tutte le generazioni e dalle più svariate provenienze. Signore e signori locali, universitari, e turisti sono gli avventori quotidiani di questo spazio che celebra la vita di Bologna.
DOMENICA

  • Di prima mattina si può salire alla Basilica di S. Luca: partendo dall'arco del Meloncello si percorre tutto il bellissimo portico fino in cima al colle di guardia dov'è situata la basilica. Si può salire anche in auto oppure con il trenino che si prende da piazza Maggiore e percorre tutte le vie del centro storico.
  • Tornati in centro, non può mancare una visita al Museo medievale in via Manzoni e Palazzo Fava sede della mostra sul pittore contemporaneo statunitense Edward Hopper aperta fino al prossimo 24 luglio. 
  • Si consiglia di tornare ancora nel quadrilatero dei mercati per pranzo in via Clavature: Ristorante Clive T (ottima cucina informale con vere specialità bolognesi, antipasto di mortadella e piadina, friggione, lasagne, tortellini e tagliatelle al ragù, cotoletta alla petroniana) oppure presso il ristorante di Eataly all'interno dell'ex cinema Ambasciatori (ingresso da via Orefici o via Drapperie). Nel caso, invece, si desideri qualcosa di più formale ci si può spostare presso l'osteria de Poeti, nell'omonima via, locale che un tempo fu gestito da Francesco Guccini (in quell'epoca si chiamava osteria delle dame).
  • Una passeggiata dopo pranzo in Via Zamboni: percorrendola si incrociano i principali palazzi universitari e la sede del rettorato. Ma vi sono anche importanti basiliche: S. Giacomo Maggiore per vedere la cappella Bentivoglio con bellissimi affreschi del Costa e del Francia. Difficile da vedere (bisogna chiedere) dietro altar maggiore a sinistra, ma bisogna andare da destra perché a sinistra c'è un cantiere di restauro.
  • Dopo alcune centinaia di metri via Zamboni si apre in una piazza dedicata a Verdi e qui si trova il Teatro Comunale (dei Bibbiena). 
  • Parallela a via Zamboni si trova via belle arti, dove ha sede la Pinacoteca Nazionale (pagamento) con la S. Cecilia di Raffaello, magnifico polittico di Giotto e Opere di Vitale da Bologna e tanto altro.
  • Spostandosi in un'altra zona del centro (in via don Giovanni Minzoni)  per completare una giornata dedicata all'arte, è consigliata una visita al MAMbo  museo arte moderna di Bologna con la collezione di Giorgio Morandi.
  • Infine, prima di partire, per i nostalgici della Bologna che fu di Guccini e Dalla,
    si consiglia una cena presso la Trattoria da Vito in via Musolesi nel cuore della Cirenaica ed a due passi da Via Paolo Fabbri 43, già residenza di Francesco Guccini.

Si ringrazia Diego Cavallina per le indicazioni riguardanti musei e siti storico-architettonici della città

Tutte le foto sono state scattate dall'estensore del post