giovedì 24 marzo 2016

Tra la via Emilia e il west

I luoghi hanno memoria. Ricordano tutto. Il ricordo è inciso nella pietra. È più profondo delle acque più profonde. È come sabbia delle dune, che si sposta di continuo.


Wim Wenders


In questi anni, dopo il trasferimento dalla pianura padana alla collina bolognese, mi sono reso conto di quanto i paesaggi possano dar forma alle nostre vite, plasmino il nostro carattere, definiscano la nostra condizione umana. Così, cercando di stare attenti a ciò che ci sta intorno, s'acuisce una certa sensibilità nei confronti dei contesti che si frequentano, o anche solo si sfiorano, e si scopre che hanno storie da raccontare e sono molto più di semplici luoghi. L'esempio più significativo è - a mio avviso - la zona di Monte Sole dove si tenne il massacro di 770 civili inermi ad opera delle truppe nazi-fasciste. Ma ci sono anche altri piccoli aspetti che caratterizzano il territorio sebbene non abbiano la stessa tragicità della zona sopraccitata.
Ad esempio, quando con mia moglie ci rechiamo al lavoro è poco più dell'alba e il sole non c'è o al massimo sta spuntando a est, dietro le colline che guardano verso la Romagna. Ancora assonnati ci dirigiamo con la nostra Fiat Qubo verso Bologna e, al termine della nuova Porrettana in direzione Casalecchio, prendiamo la salita che ci congiunge con la vecchia Porrettana all’altezza di Borgonuovo. Quando siamo sulla rampa, in basso sulla nostra destra, si apre uno spiazzo che mi lascia sempre sorpreso. Sembra una scena presa da un film di Wim Wenders o dei fratelli Cohen. Si vede questo paesaggio urbano che sembra di stare in certe periferie degli Stati Uniti. Per entrare nell'area c'è un cancello dove ai lati ci sono due alte colonne di ferro sormontate da due enormi palloni bianchi che, presumo, un tempo fungevano da lampioni. All’interno dell'area, al centro, c’è una lunga limousine bianca. Quindi, disseminati nel perimetro recintato, si trovano un camper, una roulotte e un paio di furgoni che probabilmente fungevano da giostre, su uno di essi c'è disegnata un'enorme faccia da clown. Nel lato opposto all'ingresso c'è un piccolo palco che fa presumere che in quel luogo si tenessero - o forse si fanno ancora - rappresentazioni, forse feste danzanti. Sempre dentro l’area, qua e là, si trovano degli alberi, molti sembrano tronchi piantati nel terreno. Fino pochi giorni fa non sembrava esserci erba ma qualche volta si vede un pony che pascola e raccogliere qualcosa, arbusti o gramigna che riesce a sbucare tra la ghiaia e la terra battuta.
Osservando quello spiazzo resto affascinato da quest'orizzonte urbano stratificato dove si mescolano vecchio, nuovo e senza tempo. Un angolo sospeso tra il pieno e il vuoto. Il tutto ai lati di una strada che scorre a pochi metri dall'autostrada più imporante d'Italia e ad una manciata di km da Casalecchio di Reno, sempre meno paese e sempre più non luogo in stile americano.  

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